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Camorra, la spedizione in clinica dei clan Licciardi e Russo e i 2,5 milioni da recuperare

Un commando dei Licciardi e dei Russo raggiunge un presunto truffatore ricoverato a Sulmona: dovevano recuperare la loro parte dei profitti di una gigantesca frode sulle bollette Enel. Intercettazioni, pedinamenti e alleanze tra clan svelano l’ultima frontiera della camorra.
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Napoli  - L’ultima inchiesta sulle nuove leve della camorra dei clan Licciardi e Russo racconta una storia che sembra uscita da una serie televisiva. E invece, parola degli inquirenti, è tutto vero: un uomo ricoverato in una clinica, un commando che parte in silenzio dalla Campania, un debito milionario da riscuotere.

Perché, per i clan, nessun letto d’ospedale può diventare un rifugio: i soldi, quando sono «loro», si vanno a prendere ovunque.

Al centro della vicenda c’è Giuseppe Manzi, titolare di un’attività commerciale a Palma Campania e – secondo gli investigatori – protagonista di un colossale raggiro ai danni di ignari clienti Enel. Una truffa sofisticata, condotta attraverso società intestate a prestanome e sistemi informatici che caricavano micro-prelievi sulle bollette della luce: pochi euro per volta, ma moltiplicati per migliaia di utenti.

Un bottino che avrebbe fruttato circa 2,5 milioni di euro, parte dei quali destinati – dicono i magistrati – alle casse dei clan Licciardi, Contini e Di Lauro e ad alleanze parallele nei territori nolani, vesuviani e avellinesi.

Ma quei soldi, semplicemente, non arrivano. E quando i soldi non arrivano, la camorra torna alla regola più antica del suo codice: si va a prendere il debitore, ovunque si trovi.

L’incidente, il ricovero e la «missione» dei clan

È il 7 aprile 2023 quando Manzi finisce fuori strada a 300 all’ora, a bordo di una Lamborghini. Sopravvive, ma rimane ricoverato in una clinica a Sulmona. Ed è lì che, secondo l’ordinanza cautelare, convergono gli emissari dei clan.

La procura elenca nomi e ruoli: Abbatiello, Nappi, Russo Paolino, Coppola, Parisi, Sapio, Carandente Sicco, Maturo, Cava, Alfieri, Della Pietra. Una rete che unisce il Nolano ai territori di Secondigliano, Somma Vesuviana, Casoria, Avellino.

Un mosaico di uomini di riferimento dei clan Russo, Licciardi, Fabbrocino e Cava, capaci di muoversi come un’unica struttura: chi organizza, chi pianifica, chi parte, chi accompagna, chi apre le porte della clinica.

Il gruppo – scrive il giudice – agisce con metodo mafioso: una spedizione «organizzata» per intimare a Manzi che il conto va saldato. Subito.

A guidare i movimenti è, soprattutto, Gennaro Nappi, punto di contatto tra i “napoletani” e la rete nolana. Ed è nella sua abitazione che le microspie registrano le conversazioni decisive.

Le intercettazioni: «Questo scornacchiato… sta all’ospedale»

Il 22 maggio 2023, Nappi parla con un interlocutore non identificato. È una conversazione che gli inquirenti definiscono «illuminante». È qui che emerge tutta la dinamica dell’affare, i rapporti con i clan e la rabbia per la mancata consegna dei soldi.

«Lo sapete questo scornacchiato del caffè sta all’ospedale? Ha fatto un incidente a 300 all’ora con la Lamborghini… però sta bene, non è morto», dice Nappi.

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Sta parlando proprio di Manzi.

Poi arriva il passaggio chiave: «Questo è un ..., uno scemo… con certi amici di Napoli: i Contini, i Licciardi, i Di Lauro. Ci hanno portato tre società a questo scemo… caricavano soldi dalle banche, ha messo sopra la bolletta dell’Enel… si prendeva otto euro da ogni bolletta».

Il racconto si intreccia con le tensioni tra clan e con le visite che emissari dei Licciardi e dei Cava fanno a casa del Nappi per pretendere che sia lui a mettere ordine: «Vogliamo sapere com’è la situazione, questo deve dare due milioni e mezzo», ribadiscono Coppola e Sapio in un’altra intercettazione.

L’operazione: «Andiamo a prenderlo. Ce lo portiamo qua»

Il 18 aprile 2023 la scena si fa ancora più chiara. In casa di Nappi ci sono Coppola, Sapio, Carandente Sicco ed Esposito. Parlano apertamente della missione. Coppola spiega: «Sta uno che lavora dentro da Peppe… ci ha detto che sta troppo bene, al novanta per cento è a casa». Devono rintracciarlo, parlargli, fargli capire che il tempo è scaduto.

Ma Nappi è diffidente: teme la moglie di Manzi, «una viperetta», teme che il nipote dell’“Oceano” – lo zio di Manzi, collaboratore di giustizia – possa rivelare qualcosa. E teme soprattutto le telecamere e i controlli.

Così nasce un piano quasi grottesco, degno di un film:entrare separati per non farsi notare;
comprare un caffè come copertura; fingere un incontro casuale e, se necessario, «prendere» l’uomo e portarlo da loro.

Il tutto mentre discutono foto della moglie, abitudini di Manzi, accessi alla clinica, persone fidate che possono avvicinarlo senza destare sospetti.

È un frammento di camorra 2.0: telefoni criptati, società fittizie, flussi digitali. Ma anche leve antiche: violenza, intimidazione, controllo del territorio.

Le alleanze: Licciardi, Russo, Fabbrocino, Cava

Le conversazioni rivelano un mosaico criminale che va oltre la singola estorsione. Coppola viene descritto come vicino al clan Cava, ma in contatto con i Fabbrocino e con gli uomini dei Licciardi, di cui si fa portavoce.

Russo assume l’impegno diretto di “risolvere la situazione” con Manzi, a conferma dei rapporti stretti tra le famiglie mafiose dell’area nolana e la storica Alleanza di Secondigliano.

I soldi – spiegano gli investigatori – sarebbero finiti in cassa comune, per sostenere affiliati liberi e detenuti. La spedizione in clinica non è solo una riscossione: è un modo per affermare l’egemonia dei clan sui territori, tra Palma Campania, Secondigliano, Casoria, Somma Vesuviana e Avellino.

La macchina del terrore non riesce a completare l’estorsione: Manzi non pagherà mai quei 2,5 milioni. Ma le intercettazioni, gli incontri e la spedizione verso Sulmona diventano il cuore dell’inchiesta che oggi ha portato la procura a contestare a più indagati l’aggravante mafiosa, l’estorsione tentata e la partecipazione a organizzazioni camorristiche.

Resta l’immagine più forte, quella che apre l’ordinanza: uomini dei clan che varcano la porta di una clinica per ricordare alla loro vittima che nessun luogo è abbastanza sicuro quando si ha un debito con la camorra.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 20 Novembre 2025 - 12:55 - Giuseppe Del Gaudio

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