Roma, 25 novembre – Una scia di violenza che coinvolge sempre più adolescenti. È l’immagine drammatica che emerge dagli ultimi dati diffusi dal Garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, dopo gli episodi avvenuti nelle ultime settimane, con un picco particolarmente preoccupante in Campania. L’ultimo caso è quello di un quindicenne di Napoli, accusato di omicidio aggravato.
Secondo Ciambriello, dall’inizio del 2024 i minori accusati di omicidio volontario consumato sono stati 14, quasi tutti italiani, mentre i tentati omicidi sono saliti a 52, un dato che evidenzia un’impennata dei reati violenti tra i giovanissimi. A questi si aggiungono 28 casi di violenza sessuale, 31 episodi di stalking e un numero crescente di ragazzi sorpresi con armi: 100 minori coinvolti, 99 dei quali italiani.
La mappa della devianza minorile comprende anche 9 giovani accusati di associazione per delinquere e 7 minori italiani legati a contesti mafiosi. Numeri che, secondo il Garante, descrivono una vera e propria emergenza sociale.
Detenuti in aumento: 579 minori in Italia, 105 in Campania
Il quadro dei giovani privati della libertà conferma la tendenza: 579 minori detenuti in Italia, 328 italiani e 251 stranieri. In Campania sono 105, suddivisi tra il carcere di Nisida (79) e quello di Airola (26). In parallelo cresce anche la presenza dei minori nelle comunità o affidati ai servizi sociali.
Un trend che interroga le istituzioni: “Una volta entrati in carcere, questi ragazzi devono solo pagare o vanno aiutati a cambiare? Dove è lo Stato prima che un minore diventi un numero nelle statistiche penali?”, denuncia Ciambriello.
“La prevenzione non può essere solo repressione”
Per il Garante, parlare di prevenzione significa ben altro che rafforzare le misure punitive: “Vuol dire presidiare scuole, quartieri, famiglie; costruire reti educative stabili; investire su psicologi, educatori e operatori sociali”, spiega.Potrebbe interessarti
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La domanda di fondo è semplice e terribile: perché un adolescente arriva a commettere un omicidio, una violenza sessuale o un’aggressione di gruppo? Dietro quei gesti, osserva Ciambriello, ci sono fragilità profonde, percorsi di vita segnati da traumi, assenza di legami affettivi solidi, quartieri dove la violenza è una scorciatoia per ottenere riconoscimento.
“L’adolescenza è un’età in cui l’identità si costruisce: se i bisogni di ascolto, protezione e guida vengono ignorati, il rischio di scelte estreme aumenta”, prosegue il Garante. Da qui la necessità di interventi che offrano opportunità reali di crescita, non solo repressione.
“Sottrarli alla malavita, prima che sia troppo tardi”
Molti dei minori coinvolti in reati gravi provengono da famiglie impoverite o immerse in dinamiche criminali. Qui, denuncia Ciambriello, i genitori finiscono per sperare in “interventi miracolosi” invece che in percorsi educativi strutturati.
La sfida, per il Garante, è netta: aumentare la presenza educativa sul territorio, lavorare nelle scuole, creare progetti che insegnino alternative alla violenza e alla logica della strada.
“Solo così—afferma—si può spezzare il ciclo di violenza e accompagnare questi adolescenti verso un cambiamento reale”.
“La politica fa troppo poco”
L’accusa finale è rivolta alla politica: “Fa troppo poco per questi adolescenti a metà, con la morte nel cuore”, conclude Ciambriello. E il suo monito suona come un avvertimento: senza una risposta immediata e strutturale, il Paese rischia di perdere un’intera generazione.





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