Nella foto anziana truffata a gaeta
Gaeta– Si erano spacciati per carabinieri, chiamando da un numero che appariva come quello della stazione dell’Arma. Con voce ferma, tono rassicurante e una storia studiata nei dettagli, avevano convinto un’anziana di Gaeta a consegnare gioielli e denaro, temendo per la propria sicurezza.
Dietro quella telefonata, però, non c’erano tutori dell’ordine, ma una banda di truffatori seriali, esperti nelle "truffe del finto carabiniere", che da mesi mietono vittime tra gli anziani del centro e del Sud Italia.
Grazie a un’articolata indagine condotta dalla Polizia di Stato di Gaeta e coordinata dalla Procura di Cassino, i tre responsabili del raggiro sono stati individuati e arrestati. Due di loro sono finiti in carcere, il terzo ai domiciliari con braccialetto elettronico.
Il raggiro: “Signora, abbiamo fermato quattro stranieri con la sua agenda”
La truffa era scattata pochi giorni fa. L’anziana aveva ricevuto una chiamata da un numero che sul display appariva come quello dei Carabinieri di Gaeta.
Dall’altra parte, una voce maschile, cortese ma decisa, le raccontava una storia inquietante: «Signora, abbiamo fermato un’auto con quattro algerini. Due sono fuggiti, due li abbiamo arrestati. Avevano con sé un’agenda con il suo nome e il suo indirizzo. Dobbiamo proteggerla, metta al sicuro i suoi valori».
Spaventata e confusa, la donna ha risposto di avere in casa soltanto alcuni oggetti d’oro di famiglia. A quel punto il truffatore ha rincarato la dose: «Le mando un mio collega in borghese, un carabiniere fidato.
Scenda e consegni tutto a lui, è per la sua sicurezza». L’anziana, convinta di collaborare con le forze dell’ordine, ha consegnato monili e gioielli al falso militare che l’attendeva sotto casa. Il giorno seguente, un’altra telefonata: lo stesso “carabiniere” le chiede di recarsi in banca e di effettuare due bonifici a favore di un conto corrente “per motivi di sicurezza giudiziaria”.
Solo dopo qualche ora, non riuscendo più a contattare i presunti agenti, la donna ha realizzato di essere stata truffata e ha chiesto aiuto al Commissariato di Polizia di Gaeta.
Gli investigatori della Questura di Latina hanno avviato immediatamente una serie di accertamenti bancari e perquisizioni, passando al setaccio smartphone e transazioni legate ai bonifici.
Le tracce digitali hanno portato gli agenti fino a tre uomini, già noti alle forze dell’ordine per reati analoghi, con base operativa tra Benevento, Caserta e Napoli.
Dalle indagini è emerso che il promotore del gruppo, attualmente ai domiciliari nel Beneventano, organizzava le operazioni telefoniche, gestendo i contatti e fornendo indicazioni precise ai complici.
A eseguire materialmente la truffa – e a presentarsi alla porta dell’anziana – sarebbe stato un pregiudicato napoletano, riconosciuto senza esitazione dalla vittima.
Un terzo componente, residente nel Casertano, fungeva da intermediario per la gestione dei conti bancari e dei bonifici.
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cassino, accogliendo la richiesta della Procura, ha disposto la custodia cautelare in carcere per due degli indagati e i domiciliari con braccialetto elettronico per il terzo.
I tre sono stati arrestati in contemporanea dal personale del Commissariato di Gaeta, in collaborazione con gli uffici di polizia di Santa Maria Capua Vetere e Benevento, dove i due principali indagati sono stati trasferiti in carcere.
Gli inquirenti stanno ora verificando se la banda possa essere collegata ad altri episodi simili registrati nelle scorse settimane tra Lazio, Campania e Molise.
Il caso di Gaeta riporta l’attenzione su un fenomeno in preoccupante crescita: le truffe agli anziani, spesso soli o fragili, colpiti da criminali che sfruttano la fiducia nelle istituzioni per raggirarli.
Secondo i dati delle forze dell’ordine, solo negli ultimi sei mesi nel Sud Italia si contano centinaia di denunce per truffe telefoniche condotte con lo stesso schema: il finto carabiniere, il parente in difficoltà, il medico o l’avvocato che chiede soldi per “evitare guai giudiziari”.
Le autorità rinnovano l’appello ai cittadini: mai consegnare denaro o oggetti a sconosciuti, verificare sempre l’identità di chi si presenta a nome delle forze dell’ordine e chiamare immediatamente il 112 o il 113 in caso di sospetto.
«Sono ancora scossa, ma voglio che la mia storia serva a mettere in guardia altri» – avrebbe confidato la vittima agli agenti.
Una frase che racchiude tutta la gravità di episodi come questo: non solo un danno economico, ma una ferita profonda nella fiducia delle persone verso chi indossa una divisa.