

morti sul lavoro
Napoli – Un'altra vita spezzata sul filo di un cantiere precario, un'altra famiglia distrutta dal peso invisibile dell'insicurezza sul lavoro. Vincenzo Bolero, 68enne geometra originario di Marigliano e titolare di una ditta edile, è morto questa mattina a San Vitaliano, nel cuore del distretto industriale nolano, precipitando da un'impalcatura alta sette metri durante i lavori di ristrutturazione di un fabbricato.
L'uomo, padre della consigliera comunale Mena Bolero, è spirato sul colpo nonostante i soccorsi immediati del 118, lasciando un vuoto incolmabile in una comunità già segnata da troppi lutti simili.
I Carabinieri della stazione locale, intervenuti sul posto, hanno posto sotto sequestro il cantiere e aperto un'inchiesta per lesioni colpose e violazione delle norme di sicurezza, in attesa dell'autopsia che chiarirà se l'incidente sia stato causato da un cedimento strutturale o da carenze nei dispositivi di protezione individuale.
L'episodio, l'ennesimo in una sequenza infernale, ha portato il tragico bilancio delle "morti bianche" in Campania oltre la soglia delle 40 dall'inizio del 2025, confermando la regione come la più colpita d'Italia per tasso di letalità sul lavoro.
Un dato allarmante, in linea con i numeri INAIL che a settembre registravano già 40 vittime nei primi sei mesi – un trend stabile rispetto al 2024, chiuso con 81 decessi e oltre 15mila infortuni – ma in netto aumento rispetto agli anni pre-pandemia, con un +33% di denunce mortali a livello nazionale nei primi otto mesi del 2025.
Cadute dall'alto, come nel caso di Bolero, rappresentano il 30% delle cause, spesso legate a subappalti selvaggi e risparmio sui protocolli di sicurezza in un settore edile campano che arranca tra crisi e abusivismo.
"Ancora un incidente mortale sul lavoro, ancora dovuto a una caduta dall'alto. Abbiamo superato le 40 vittime dall'inizio dell'anno, la Campania si conferma come la regione dove si muore di più sul lavoro", tuona in una nota infuocata la CGIL Napoli e Campania, che non risparmia critiche al governo Meloni
. "Non ci stancheremo di dirlo: occorrono maggiore prevenzione e formazione, più controlli e ispezioni, più risorse per rafforzare il personale di Asl, Inail e Ispettorato del Lavoro. Ma anche in questa manovra di bilancio il Governo continua a ignorare queste richieste". Un j'accuse che riecheggia le piazze vuote di Roma, dove domani – sabato 25 ottobre – il sindacato confederale sfilerà con lavoratrici, pensionati e giovani per "fermare la strage dei morti sul lavoro, per dire no al riarmo, alla precarietà e a un'economia di guerra. Per chiedere lavoro, pace e giustizia sociale".
Le parole della segretaria provinciale, che ha incontrato i familiari di Bolero in un clima di commozione palpabile, si intrecciano con il dolore di una comunità locale: San Vitaliano, con i suoi 10mila abitanti e le fabbriche che pulsano lungo la statale 7 bis, è un microcosmo della Campania operaia, dove il sogno di un reddito dignitoso si scontra con la realtà di ponteggi instabili e orari estenuanti.
E non è solo: solo nei primi otto mesi del 2025, la regione ha contato 56 decessi, dieci in più dello stesso periodo del 2024, con Napoli e provincia a fare da triste primato.
La CGIL, in prima linea con i suoi osservatori sulla sicurezza, lancia un allarme che va oltre i numeri: "Ogni nuova morte è una vergogna collettiva", e invoca un "patto per la vita" che coinvolga imprese, istituzioni e sindacati. Ma mentre i politicanti locali promettono "massima vigilanza" – eco di frasi già sentite dopo tragedie come quella di Caserta o Salerno – il fronte datoriale tace, e il governo centrale, impegnato in dibattiti su difesa e bilancio, sembra sordo.
Domani, dalle strade di Roma, la voce dei campani potrebbe rompere il silenzio: non solo per Bolero, ma per tutte le 41 vite svanite quest'anno in nome di un progresso che costa troppo caro. Per aggiornamenti sulla manifestazione e sull'inchiesta, seguite la nostra cronaca in diretta.