Nell'immagine, un contesto collegato ai fatti.
Non solo affreschi, mosaici e rovine: Pompei torna a raccontare se stessa anche attraverso la ricostruzione digitale. È l’obiettivo del progetto “POMPEII RESET”, promosso dal Parco Archeologico di Pompei insieme all’Università Humboldt di Berlino, che oggi presenta un nuovo studio sull’e-journal ufficiale degli scavi.
Al centro della ricerca c’è la Casa del Tiaso, dove una scala monumentale, apparentemente senza sbocco, ha acceso la curiosità degli archeologi. Da quell’enigma nasce l’ipotesi di una domus dotata di torre, una struttura alta e simbolica, forse usata per osservare la città, il golfo e persino il cielo stellato. Una soluzione architettonica che, spiegano gli studiosi, ricorderebbe le ville dei patrizi romani, in cui le torri rappresentavano potere e prestigio.
“Pompei è un laboratorio complesso”, spiega Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco. “Accanto alla ricerca sul campo, oggi esiste un’archeologia non invasiva, fatta di studio e di ipotesi che ci aiutano a ricostruire ciò che il tempo ha cancellato”. Attraverso modelli 3D e tecniche di gemello digitale, il progetto intende documentare gli edifici ancora conservati e ricostruire virtualmente quelli perduti.
“La Pompei che non vediamo – aggiunge Zuchtriegel – è quella dei piani superiori, fondamentali per comprendere davvero la vita e la società dell’epoca. Grazie alla tecnologia possiamo restituire forma e senso a quegli spazi dimenticati.” I risultati, presentati oggi, mostrano come la fusione tra archeologia e tecnologia possa riscrivere la storia della città sepolta dal Vesuvio, restituendo una Pompei più viva, più alta e – forse – più vicina alle stelle.