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Napoli greca: alla scoperta delle origini di Partenope

Quando si nomina Napoli greca, molti immaginano subito un luogo antico di colonne e miti: eppure dietro questa formula si nasconde una stratificazione di storia, leggenda e identità che affonda le sue radici ben prima dell’epoca romana.
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Quando si nomina Napoli greca, molti immaginano subito un luogo antico di colonne e miti: eppure dietro questa formula si nasconde una stratificazione di storia, leggenda e identità che affonda le sue radici ben prima dell’epoca romana. Il racconto della città comincia con una sorta di “prima edizione”: Partenope, l’insediamento greco più antico, ancorato al mito della sirena che dona il nome stesso al capoluogo.

In effetti, l’origine di Partenope non è solo una storia poetica, ma anche una metafora fondativa: una leggenda che fonde il mare e la terra, il canto e il taciuto, il mito e la memoria collettiva. Secondo le fonti antiche, la sirena Partenope, sconfitta da Ulisse, sarebbe stata trasportata dalle onde fino agli scogli di Megaride, dove il suo corpo sarebbe stato venerato e, idealmente, “trasformato” in città.

Così, mentre la città moderna si sviluppa sui resti di epoche che si sono succedute, il fascino della Napoli greca non è soltanto quello di un passato remoto: è un filo invisibile che attraversa vicoli, toponimi, statue, nomi e l’immaginario collettivo. In questo articolato dialogo tra mito e scavo, l’“origine di Partenope” diventa una chiave per interpretare l’identità, il territorio e il paesaggio culturale della città.

Le radici greche: da Cumae a Parthenope

La fondazione della Napoli greca non è un evento isolato, ma fa parte del fenomeno della colonizzazione della Magna Grecia: già dal VIII secolo a.C., popoli greci – in particolare da Calcide/Cuma – cercavano nuovi sbocchi nel Tirreno per scopi commerciali e strategici.

Secondo le fonti, Partenope nacque alla fine dell’VIII secolo a.C. come una sub-colonia greca legata a Cuma, piuttosto che come polis indipendente. Durante i primi decenni, insediamenti costieri e approdi marini (epineion) fungevano da basi logistiche e commerciali, offrendo supporto agli scambi tra Cuma e le coste del Tirreno.

L’ubicazione scelta, il promontorio di Pizzofalcone / Monte Echia affiancato all’isolotto di Megaride, non fu casuale: la conformazione naturale offriva protezione su tre lati dal mare, controllo del litorale, vie di accesso via mare e un collegamento con le acque interne (ad esempio la foce del Sebeto).

Dalla primitiva Partenope alla rifondazione in Neapolis

Col passare del tempo, l’insediamento originale conobbe fasi di crescita e stagflessione. Reperti ceramici arcaici, elementi di abitato e necropoli emergenti tra VIII e VII secolo testimoniano un popolamento costante. La necropoli di Pizzofalcone, scoperta nel 1949, ha restituito materiali databili tra metà VII e prima metà del VI secolo a.C. che attestano l’appartenenza di Partenope all’orbita culturale cumana.

Tuttavia, dal VI secolo a.

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C. in poi, l’assetto urbano si trasforma: dopo conflitti con gli Etruschi e le pressioni regionali, si avvia la rifondazione di un nuovo centro urbano più ampio, la Neapolis, che prende il posto del vecchio nucleo (che diventa la “città vecchia” o Palepolis) e che offrirà un impianto urbano più regolare e connesso al reticolo greco.

Mito e memoria: l’origine di Partenope tra sirene e scogli

La leggenda che si cela dietro l’origine di Partenope non è un racconto unico, ma un intreccio di versioni diverse, tutte connesse al fascino mitico della sirena. Alcune delle varianti più note:

  • La versione “classica” della sirena: Partenope, dopo aver fallito nel sedurre Ulisse con il canto, si getta in mare. Le correnti trascinano il suo corpo fino all’isolotto di Megaride, nei pressi dell’odierno Castel dell’Ovo, dove viene deposta. Il mito suggella così un legame tra morte, sacralità e fondazione urbana.
  • L’interpretazione letteraria moderna: Lo scrittore Matilde Serao propose una versione dove Partenope non è una sirena bensì una giovane donna greca in fuga da un amore contrastato, che giunge alla costa partenopea per dare origine a una stirpe di cittadini.
  • La versione “Vesuvio innamorato”: Secondo una narrativa romantico-mitica, Partenope si invaghisce del giovane centauro Vesuvio. Zeus, geloso, trasforma Vesuvio in vulcano mentre la sirena si sacrifica, adagiando il suo corpo sulla costa, da cui prende avvio la fondazione della città.

Queste versioni, seppure divergenti, condividono un elemento centrale: la Napoli greca è anche e soprattutto una città che nasce dal mare, dal canto, e dalla fusione tra natura marina e aspirazione urbana. Il mito della sirena non è solo “leggendario”, ma diventa memoria e identità, suggerendo che la città partenopea fin dai suoi albori si sentisse dotata di un’anima simbolica.

Il mito come fondazione e memoria collettiva

Il mito non funziona solo come narrazione poetica, ma come strumento fondativo: nomi, monumenti e toponimi (ad esempio “Partenope”, “Megaride”, “Castel dell’Ovo”) testimoniano come la leggenda si sia fusa con il territorio. Un tempo il corpo di Partenope veniva venerato, e nelle epoche successive il mito è stato ripreso da scrittori, poeti e storici per legittimare l’identità locale.

Alcune iscrizioni e invocazioni dedicate alla sirena sono state rinvenute nei contesti archeologici: la figura di Partenope era percepita non solo come mito, ma come presenza simbolica che guardava la città dall’orizzonte del mare.

In definitiva, la leggenda della origine di Partenope agisce come una “cornice narrativa” che mette in relazione natura, mito e spazio urbano: la città non è unicamente “fondata”, bensì “nacque” dal canto delle onde e dal sacrificio di una creatura leggendaria.

Archeologia e tracce: cosa resta della Napoli greca

Quanto resta della Napoli greca non è privo di presenza: in vari punti del centro antico affiorano blocchi di tufo, tratti di mura e strutture murarie che sono testimonianza diretta dell’urbanistica antica. Le mura greche erano costruite su valloni naturali e avrebbero avuto assi difensivi con fossati; i blocchi tufacei provenivano da cave locali e portati verso la città tramite arterie come via Nuova Poggioreale / via Casanova.

Alcuni resti visibili oggi includono:

  • Blocchi tufacei nei quartieri di via Foria, rampe Maria Longo, Corso Umberto, vicino a Castel Capuano e in prossimità di Piazza Bellini.
  • Il cosiddetto Cippo a Forcella, ritenuto parte di una porta di cinta muraria greca (porta Herculanensis / Furcilla), situato in piazza Vincenzo Calenda, davanti al teatro Trianon.
  • Tratti di mura greche visibili lungo il decumano antico e nelle strutture sotto palazzi del centro, ancora inglobati nell’edilizia successiva.

Spazi urbani sovrapposti: foro, macellum, via decumani

L’archeologia ha restituito anche l’impianto dell’antica città greco-romana che sopravvive sotto l’attuale tessuto viario:

  • Il Foro / Agorà di Neapolis: l’area di piazza San Gaetano conserva tracce dello spazio civico della città. Gli scavi hanno mostrato che l’impianto romano ricalcava una pianta più antica, probabilmente greca, con una plateia/strada centrale (il decumano principale, oggi via Tribunali).
  • Scavi sotto San Lorenzo Maggiore: qui è stato messo in luce il macellum greco-romano (mercato pubblico), con resti di fondazioni greche (IV secolo a.C.) su cui si impiantano strutture successive. Si nota un sistema a terrazzamenti, botteghe, spazio per fontane (tholoi) e impianti di drenaggio idrico.
  • Porto antico / reperti marittimi: nella sezione “Stazione Neapolis” del Museo Archeologico Nazionale di Napoli sono esposti reperti provenienti dal porto — ancora oggi visibili resti di imbarcazioni (ancore, parti lignee) che testimoniano l’importanza marina del nucleo urbano greco e romano.
  • Tempio dei Giochi Isolimpici: struttura di età romana (II–III d.C.), rinvenuta nei lavori della metropolitana alla stazione Duomo, ma su fondazioni che richiamano modelli architettonici greci e cultuali, suggerendo una continuità religiosa e culturale.
  • Necropoli greca di via Santa Teresa degli Scalzi: sepolcreto attivo tra V e IV secolo a.C., scoperto nel corso di lavori urbani, che ha restituito tombe con corredi ceramici e iscrizioni latine posteriori, dimostrando la continuità di uso del sito anche con l’arrivo romano.
Articolo pubblicato il 5 Ottobre 2025 - 14:30 - Matteo Setaro

Commenti (1)

L’articolo spiega bene la storia di Napoli greca, ma ci sono alcune parti che sono poco chiare. Non è facile seguire tutte le informazioni, e alcune date sembrano confuse. Comunque l’argomento è interessante e merita attenzione.

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