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Tragedia del bisturi low-cost: l'imprenditrice Milena Mancini muore a 50 anni dopo liposuzione in Turchia

L'allarme sui rischi del turismo medico in cliniche non certificate. La famiglia valuta azioni legali
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Roma – Un sogno di bellezza trasformato in un'agonia fatale: Milena Mancini, 50enne imprenditrice immobiliare di Isola del Liri, in provincia di Frosinone, è deceduta ieri all'ospedale universitario di Istanbul dopo 20 giorni di lotta disperata in terapia intensiva.

La donna, madre di due figlie, si era affidata a una clinica privata turca per una liposuzione, attirata dai prezzi stracciati e dalle promesse di risultati perfetti. Ma un possibile "imprevisto" durante l'intervento – una lesione accidentale allo stomaco, secondo fonti mediche non confermate – ha innescato complicazioni irreversibili, riaccendendo i riflettori sui pericoli mortali del turismo medico, specialmente in strutture non idonee dove standard di sicurezza e follow-up post-operatorio spesso lasciano a desiderare.

Nata in una famiglia di spicco nel tessuto industriale ciociaro, Milena era figlia di Alvaro Mancini, tra i fondatori e dirigenti della Indexa SpA, azienda leader nei servizi di manutenzione industriale.

Le sue sorelle incarnano un ritratto di eccellenze: Rita, biologa di fama che insegna all'Università La Sapienza di Roma; Sara, che ha gestito una gelateria all'ingresso di Isola del Liri. Milena, invece, aveva scelto la via dell'immobiliare, costruendo una carriera solida tra Lazio e Abruzzo.

La famiglia valuta azioni legali

I funerali sono attesi nei prossimi giorni a Isola del Liri, mentre la famiglia valuta azioni legali contro la clinica, in attesa di una relazione autoptica che chiarisca cosa è accaduto e cosa ha causato la morte dell'imprenditrice,

La liposuzione, procedura tra le più richieste nel boom della chirurgia estetica (oltre 300mila interventi annui solo in Italia, secondo la Società Italiana di Chirurgia Plastica), promette di scolpire il corpo rimuovendo grasso localizzato.

Ma quando svolta in contesti non regolamentati come molte cliniche turche – spesso accreditate solo localmente e prive di certificazioni UE – i rischi esplodono.

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Tra le complicanze più gravi: perforazioni viscerali (come la lesione gastrica sospettata nel caso di Milena), embolie polmonari, infezioni da batteri resistenti e sanguinamenti incontrollati, con un tasso di mortalità che, pur basso (0,02-0,1% in contesti certificati), può quintuplicare in ambienti low-cost.

 La Turchia meta prediletta del "turismo della bellezza"

In Turchia, meta prediletta per il "turismo della bellezza" grazie a costi fino all'80% inferiori rispetto all'Europa (una liposuzione da 3-4mila euro contro 6-8mila in Italia), le statistiche allarmano: dal 2019 al 2024, almeno 28 pazienti britannici sono morti per complicazioni da procedure elettive, tra cui liposuzioni e ginecoplastici, spesso per sepsis o fallimenti nel post-operatorio.

Casi analoghi colpiscono italiani: solo negli ultimi due anni, almeno cinque decessi riportati di connazionali dopo interventi a Istanbul, tra rinoplastiche e liposculture, con denunce per negligenza medica.

Il problema radica proprio nelle "strutture non idonee": cliniche che operano a ritmi industriali (fino a 50 pazienti al giorno per chirurgo), con medici non sempre specializzati in plástica ricostruttiva e reparti di rianimazione sottodotati.

"Il follow-up è cruciale: in Turchia, molti pazienti vengono dimessi dopo 24 ore, senza controlli adeguati, e rimpatriati con voli che aggravano le emorragie", spiega il professor Giovanni Nicoletti, presidente della SICPRE (Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica).

Differenze normative amplificano i pericoli: mentre in UE vige il Regolamento MDR per dispositivi medici e audit obbligatori, in Turchia la vigilanza è frammentata, con cliniche che attirano clientela europea puntando su marketing aggressivo sui social. Un documentario recente della DW ha documentato "il lato oscuro" di questo boom: morti in aumento del 30% annuo, con pazienti lasciati a gestire emergenze da soli o affidati a sistemi sanitari locali sovraccarichi.La storia di Milena non è isolata.

Proprio quest'anno, un'inchiesta del Corriere della Sera ha rivelato come il "viaggio della speranza" si trasformi in trappola per centinaia di italiani, con il SSN italiano che assorbe costi di rimpatrio e cure (oltre 10 milioni di euro annui). Esperti come Nicoletti lanciano un appello: "Verificate sempre l'accreditazione JCI o ISO, consultate un chirurgo locale prima e stipulate assicurazioni ad hoc. La bellezza non vale la vita".

Mentre la famiglia Mancini piange una perdita irreparabile, questo dramma solleva una domanda urgente: è tempo di una black list UE per cliniche a rischio, o di campagne awareness per fermare l'emorragia di vittime?In un'epoca di filtri Instagram e corpi "perfetti", il monito è chiaro: la chirurgia estetica salva vite quando etica, ma uccide quando mercantile. Per Milena, resta solo il rimpianto di un "sì" detto troppo alla leggera.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 20 Ottobre 2025 - 15:57 - Federica Annunziata

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