Cronaca Napoli

Dramma a Poggioreale: due detenuti morti in pochi giorni

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Dramma  a Poggioreale: “Si continua a morire di carcere”: e' una ecatombe senza fine nelle carceri campane: due morti in pochi giorni.

Un’altra giornata di dolore e indignazione dietro le sbarre del carcere di Poggioreale, a Napoli. Due detenuti sono morti nel giro di pochi giorni, riportando al centro dell’attenzione pubblica la drammatica emergenza nelle carceri campane, dove il numero di suicidi e decessi per malattia o incuria continua a crescere in modo inquietante.

A darne notizia è Samuele Ciambriello, Garante campano delle persone private della libertà personale, che in una nota parla senza mezzi termini di una vera e propria “ecatombe silenziosa”.

“Si continua a morire di carcere e in carcere — denuncia Ciambriello —. Solo a Poggioreale, dall’inizio dell’anno, si contano 2 suicidi, 25 tentativi di suicidio, 202 atti di autolesionismo, 3 decessi per cause da accertare e 9 per cause naturali. Numeri che raccontano la disperazione di chi è rinchiuso e la fatica di un sistema penitenziario al collasso.”

Due morti in pochi giorni

L’ultimo decesso è avvenuto nella notte. Un detenuto italiano di 41 anni è stato trovato senza vita nella sua cella del padiglione Livorno. Le cause della morte sono ancora in corso di accertamento, e la salma è stata trasferita presso l’obitorio del Secondo Policlinico di Napoli per l’autopsia disposta dalla magistratura.

Pochi giorni prima, un altro detenuto, Konte Allhaje, 27 anni, di origini gambiane, era morto al Cotugno di Napoli dopo un calvario sanitario durato settimane. Entrato in carcere nell’ottobre del 2024, il giovane era stato ricoverato il 30 settembre scorso al Cardarelli, poi trasferito al Cotugno per una grave forma di tubercolosi. È morto il 10 ottobre 2025. Anche per lui la Procura ha disposto l’autopsia.

“Ho scritto al Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, al Direttore del carcere e a quello sanitario — spiega Ciambriello — per capire se Konte soffrisse già di patologie, se il virus potesse essere incubato o se ci siano stati ritardi diagnostici o mancate cure durante la detenzione.”

Un sistema al collasso

I dati diffusi dal Garante parlano chiaro: il carcere napoletano ospita quasi il doppio dei detenuti previsti dalla capienza regolamentare. Celle sovraffollate, carenza di personale, mancanza di supporto psicologico e sanitario.

A questo si aggiunge un altro problema: molte visite mediche saltano per mancanza di scorte, impedendo ai detenuti di ricevere cure tempestive.

“Si muore anche per assenza di prevenzione — denuncia ancora Ciambriello —. Le persone in carcere, spesso già fragili, vivono in condizioni che minano la salute fisica e mentale. Serve un cambio di passo, o continueremo a contare morti e tentativi di suicidio ogni settimana.”

Una strage silenziosa in Campania

I due decessi di Poggioreale si aggiungono a una scia di suicidi e tragedie che da inizio 2025 sta colpendo le carceri campane: da Secondigliano a Santa Maria Capua Vetere, da Avellino a Benevento, quasi ogni mese si registrano nuovi episodi di autolesionismo o di morte improvvisa.

Solo a settembre, un 32enne si era tolto la vita a Secondigliano impiccandosi con un lenzuolo; poche settimane prima un altro detenuto era stato trovato morto nel carcere di Santa Maria.
Un bilancio che, come ricorda il Garante, fa della Campania una delle regioni italiane con il più alto tasso di suicidi in carcere.

Il grido d’allarme del Garante

Per Ciambriello, non si tratta più di “casi isolati”, ma di un problema strutturale che coinvolge la sanità penitenziaria, la gestione del personale e le politiche di reinserimento sociale:

“Chi entra in carcere non deve rischiare di morire. La detenzione non può essere una condanna a morte lenta. Occorre un intervento serio, immediato, che metta al centro la dignità umana.”

Un 2025 nero per le carceri campane

Il 2025 rischia di essere ricordato come uno degli anni più tragici per il sistema penitenziario regionale. A Poggioreale, Secondigliano, Santa Maria Capua Vetere e Ariano Irpino si moltiplicano i casi di disagio psichico, atti di autolesionismo e mancanza di assistenza sanitaria adeguata.

Ogni morte, ogni gesto disperato dietro le sbarre, racconta un fallimento collettivo, un dramma umano che si consuma nel silenzio, lontano dagli occhi dell’opinione pubblica.

“In carcere non si dovrebbe morire — conclude Ciambriello —. Ma finché la parola rieducazione resterà solo un principio sulla carta, continueremo a piangere uomini che lo Stato non è riuscito a salvare.”

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 17 Ottobre 2025 - 16:16 - Giuseppe Del Gaudio
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Giuseppe Del Gaudio