Cronaca Nera

Camorra, sgominata cellula del clan Tammaro: 6 arresti, il boss dal carcere orchestrava estorsioni e racket

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Napoli– I Carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna hanno inferto un duro colpo al clan camorristico Tammaro-Rea-Veneruso, una delle famiglie criminali più radicate nella zona di Casalnuovo di Napoli e nei comuni limitrofi come Volla e Pomigliano d'Arco.

All'alba di oggi, gli uomini dell'arma hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari (Gip) del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) partenopea.

Sei persone, tra gregari e uomini di fiducia, sono finite in manette con l'accusa di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto illegali di armi da sparo, nonché tentate estorsioni aggravate dal metodo mafioso e dalla finalità di favorire il gruppo criminale.

Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Antonello Arciello e dai pm della Dda, sono partite da un filone di pedinamenti e intercettazioni ambientali condotte nei mesi scorsi, che hanno portato alla luce un sistema di comando "a distanza" orchestrato dal boss principale del clan, attualmente detenuto nel carcere di Poggioreale per reati pregressi legati al traffico di stupefacenti.

Nonostante le restrizioni carcerarie, il capoclan – identificato come Ciro Tammaro, 48 anni, figura di spicco nel clan omonimo – avrebbe continuato a impartire direttive precise agli affiliati liberi, sfruttando una rete di telefonini "puliti" e messaggi criptati per indicare gli obiettivi da colpire con il racket delle estorsioni.

 Dal carcere imponeva il pizzo da 5mila a 20 mila euro agli imprenditori

Dalle carte dell'inchiesta emerge un quadro inquietante: il clan, noto per il controllo capillare di attività commerciali e cantieri edili nella "terra dei fuochi" napoletana, avrebbe tentato di "pizzicare" diversi imprenditori locali, imponendo tangenti che oscillavano tra i 5.000 e i 20.000 euro.

Tra le vittime potenziali, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, figurano titolari di officine meccaniche e ditte di trasporto merci, costretti a versare quote fisse per "protezione" sotto la minaccia di ritorsioni violente.

Il metodo mafioso era lampante con intimidazioni che spaziavano da atti vandalici a telefonate anonime, sempre con il sottofondo del nome del clan a fare da deterrente.Tra gli arrestati spicca il nome di Pasquale Rea, 35 anni, cugino di un altro boss del clan, accusato di essere il "braccio armato" sul territorio: nei suoi confronti, gli inquirenti contestano non solo il ruolo di executor materiale delle estorsioni, ma anche il possesso di una pistola semiautomatica calibro 9x21, modificata per sparare in modalità automatica e occultata in un garage a Casalnuovo.

Altre due figure chiave, un 42enne e un 29enne, sono indagate per il trasporto di armi e per aver funto da "postini" tra il carcere e la strada, mentre gli ultimi due arresti riguardano complici minori accusati di favoreggiamento.

Il clan Tammaro-Rea-Veneruso, sorto alla fine degli anni '90

Negli ultimi anni, dopo l'arresto di diversi vertici, l'organizzazione sembrava in affanno, ma le indagini odierne dimostrano come il boss Tammaro sia riuscito a mantenere il timone, trasformando il carcere in un "ufficio comando" improvvisato.

È la prova che la camorra non si arrende facilmente .L'operazione arriva in un momento di fermento per la criminalità organizzata campana, con la Procura di Napoli che ha intensificato i blitz contro i clan per contrastare la recrudescenza di estorsioni post-pandemia.

I sei arrestati saranno trasferiti nel carcere di Secondigliano per gli interrogatori di garanzia, attesi nei prossimi giorni. Intanto, gli investigatori non escludono ulteriori sviluppi.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 28 Ottobre 2025 - 09:02 - Rosaria Federico
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Rosaria Federico