Nicola Gratteri
Napoli – L’aula 215 del Tribunale di Napoli, al secondo piano del Palazzo di Giustizia, ieri mattina era gremita come nelle udienze di grande rilievo. In prima fila, accanto ai due pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia, ha preso posto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, intervenuto personalmente per seguire una delle udienze del processo al clan Moccia, una delle storiche organizzazioni camorristiche dell’area nord della provincia partenopea.
Un processo complesso e carico di tensioni, che si celebra dinanzi alla Settima Sezione Penale, e che conta oltre quaranta imputati accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura e traffico di droga.
Dopo la pausa estiva, il processo ha ripreso con un ritmo serrato: tre o quattro udienze a settimana e fino a trenta testimoni escussi al giorno, un’accelerazione voluta dalla Procura per evitare il rischio di prescrizioni e nuove scarcerazioni.
La Camera Penale di Napoli, infatti, ha denunciato una compressione dei diritti della difesa, ritenendo eccessivo il ritmo imposto alle udienze, e ha annunciato quattro giorni di astensione dalle udienze, dal 14 al 17 ottobre, per protestare contro quella che viene definita una “gestione processuale emergenziale” incompatibile con i principi del giusto processo.
Il procedimento, avviato nel 2022, aveva già attraversato un momento critico a luglio scorso, quando quindici presunti membri di spicco del clan Moccia erano stati scarcerati per decorrenza dei termini di custodia cautelare.
Un colpo duro per l’accusa, che aveva immediatamente presentato ricorso al Tribunale del Riesame, poi rigettato lo scorso settembre, confermando la libertà per gli indagati.
Le scarcerazioni avevano alimentato polemiche e preoccupazioni negli ambienti investigativi, con il timore che la prolungata durata del processo potesse compromettere anni di indagini e di attività antimafia.
La presenza di Nicola Gratteri in aula non è stata solo simbolica. Il procuratore, che ha voluto affiancare i magistrati della DDA, ha inteso riaffermare la linea di fermezza della Procura partenopea.
“I processi di mafia non possono fermarsi o rallentare – avrebbe detto in via informale ai presenti –. La giustizia deve poter garantire tempi certi e risposte chiare, anche per chi attende un giudizio da anni”.
Una posizione che ha trovato sostegno tra i colleghi dell’accusa, ma che ha ulteriormente acuito la frattura con la difesa. Molti penalisti, infatti, denunciano il rischio che la velocizzazione delle udienze si traduca in una lesione del diritto di difesa: con decine di testimoni ascoltati ogni giorno e tempi ridotti per il controesame, gli avvocati parlano di un processo “impraticabile”.
Il processo al clan Moccia, nato da una vasta inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha riportato sotto i riflettori una delle famiglie storiche della camorra.
Originario di Afragola, il gruppo Moccia è considerato da decenni un modello di camorra “imprenditoriale”, capace di infiltrarsi nel tessuto economico e politico campano attraverso società, appalti e investimenti nel settore immobiliare.
Nel corso degli anni, numerosi processi hanno colpito le varie articolazioni del clan, ma quello attualmente in corso rappresenta uno dei più ampi, con centinaia di capi d’imputazione e decine di parti civili.
La mole di atti, testimonianze e intercettazioni rende inevitabilmente complessa la gestione dei tempi processuali, fattore che ha alimentato il dibattito nazionale sulla lentezza dei maxi-processi di mafia.
La tensione tra esigenze di celerità e diritto alla difesa sembra destinata a proseguire.
Da un lato, la Procura rivendica la necessità di accelerare per evitare la vanificazione degli sforzi investigativi; dall’altro, la Camera Penale invoca il rispetto dei tempi tecnici e delle garanzie costituzionali.
Nel frattempo, il processo al clan Moccia prosegue tra polemiche, rinvii e scioperi annunciati, diventando uno dei casi emblematici del difficile equilibrio tra efficienza giudiziaria e tutela dei diritti in Italia.
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Il processo al clan Moccia sembra avere molte complicazioni. La velocità delle udienze può mettere in pericolo i diritti della difesa, ma d'altra parte è importante che la giustizia faccia il suo corso senza ritardi. Bisogna trovare un equilibrio.