

I vertici dei nuovi clan di Scampia
Quando Elia Cancello varca di nuovo i cancelli del carcere, nel maggio del 2021, la camorra di Scampia non è più la stessa. I vecchi equilibri si sono spezzati, le piazze di spaccio cambiano padrone ogni mese, e i clan — ormai sfiancati da arresti e faide — cercano una tregua.
Ma nessuno, tra San Pietro a Patierno e i Sette Palazzi, avrebbe mai immaginato di vedere Cancello e Gaetano Angrisano, boss della Vanella-Grassi, seduti alla stessa tavola.
Lo racconta Raffaele Paone, alias Rafaniello, l’ex uomo della Vanella diventato collaboratore di giustizia. Secondo il suo verbale del 19 novembre 2024, fu proprio Angrisano a concedere a Cancello libertà di movimento nel Lotto G, uno dei feudi storici del clan, “purché non aprisse piazze di spaccio”.
Un gesto impensabile, simbolico, che sanciva la fine di anni di sospetti e sangue.
La ferita, però, non si era mai chiusa. Dietro la pace firmata tra i due boss aleggiava ancora l’ombra dell’omicidio di Francesco Angrisano, detto Cioppetta, fratello di Gaetano, ucciso in circostanze mai del tutto chiarite.
Per anni, all’interno della Vanella-Grassi, si era creduto che a ordinare quell’agguato fosse stato proprio Elia Cancello, insieme al fratello Maurizio. “Noi eravamo convinti che fossero stati loro”, dice Rafaniello. “C’erano stati screzi tra Elia, allora latitante, e Francesco. Vent’anni di odio non si cancellano con un pranzo.”
Eppure, quando Cancello uscì di galera, fu accolto da Angrisano come un alleato, non come un nemico. Un gesto che spiazzò anche molti affiliati.
La pace tra i due non nacque da perdono, ma da necessità. Nel 2021, la Vanella-Grassi era sotto pressione: arresti a catena, sequestri, tradimenti. A Scampia e Secondigliano serviva stabilità, e Cancello — uomo di peso degli Amato-Pagano, rispettato e temuto — rappresentava un potenziale alleato, non un rivale.
Angrisano lo sapeva bene. E in una logica tutta camorristica, scelse la via più utile: accogliere il vecchio nemico e siglare una “pace territoriale”.
Secondo le fonti investigative, fu un accordo che permise a entrambe le famiglie di mantenere le proprie zone senza scatenare nuove guerre. Cancello avrebbe controllato i suoi uomini nel Lotto G, senza interferire con le piazze storiche della Vanella. In cambio, gli Angrisano gli garantivano protezione e rispetto.
Ma non tutti, nella Vanella, approvarono quella decisione.
Alessio Angrisano, fratello di Gaetano, considerò quel patto una resa. “È deluso dal comportamento del fratello”, annotano gli inquirenti nei verbali.
Per molti giovani del clan, vedere un ex rivale camminare libero nel Lotto G equivaleva a una provocazione.
La convivenza tra i due mondi — quello dei Cancello e quello degli Angrisano — durò solo grazie alla ferrea mediazione dei capi. Ma sotto la superficie covava una tensione costante, pronta a esplodere al primo sgarro.
Dietro tutto, come un’ombra costante, restavano gli Amato-Pagano, i “spagnoli” di Secondigliano, registi silenziosi di ogni equilibrio criminale.
Elia e Maurizio Cancello non erano che una delle tante pedine di quell’impero, e la loro tolleranza nel Lotto G rispondeva a un disegno più ampio: evitare una nuova guerra tra Scampia e Secondigliano.
Fu, insomma, una pace strategica, non sentimentale.Una tregua fragile, che si reggeva sul silenzio e sull’opportunità, destinata prima o poi a spezzarsi.
“Tra loro ora i rapporti sono buoni”, conclude Rafaniello. “Ma io continuo a pensare che siano stati i Cancello a uccidere Cioppetta.” Una frase che pesa come una pietra.
Perché nella camorra, la pace non cancella mai la memoria. La sospensione delle ostilità è solo una pausa, una tregua tra due guerre.
E nel Lotto G, quella tregua — per quanto lunga — ha sempre avuto il sapore amaro del sospetto.
Nel mosaico criminale di Scampia, ogni isolato ha un nome, una storia, un padrone.
E i Sette Palazzi — quell’enorme blocco di cemento che domina il quartiere — sono da sempre un simbolo. Una roccaforte, un laboratorio del potere camorristico, un microcosmo in cui si intrecciano le ambizioni dei clan, la miseria dei quartieri e la spietata logica del narcotraffico.
A raccontare chi ne tirava le fila è ancora una volta Raffaele Paone, alias Rafaniello, la nuova voce interna alla camorra che ha iniziato a parlare con i magistrati nel maggio del 2024.
Le sue parole ricostruiscono un quadro chiaro: nei Sette Palazzi, il nome che contava era quello di Ferdinando Cifariello, detto Nanduccio.
“Nanduccio era un pupillo degli Amato-Pagano — spiega Rafaniello nei verbali — e in particolare di Enzo Notturno.” Non era un uomo qualunque: Cifariello gestiva il traffico di droga sotto la supervisione del reggente locale del clan, Luigi Diano, detto Cicciotto.
Un sistema che funzionava con disciplina militare. Le piazze di spaccio erano organizzate per turni, le dosi sigillate e numerate, le vedette disposte lungo i corridoi dei palazzi. Ogni ingresso era un checkpoint, ogni balcone una torre di osservazione.
Nulla entrava o usciva dai Sette Palazzi senza il consenso di Nanduccio o dei suoi uomini.
Le dichiarazioni di Rafaniello confermano un dato che gli investigatori conoscono da anni: gli Amato-Pagano hanno trasformato Scampia in un modello di gestione criminale.
Non più un’occupazione caotica del territorio, ma un controllo “aziendale” delle piazze, dove tutto — dal prezzo della cocaina alla paga dei pusher — è regolato da norme ferree.
Cifariello rappresentava questo nuovo modo di intendere il potere. Non un killer, ma un manager del narcotraffico. Uno che sapeva trattare con i fornitori, gestire i turni, far arrivare la merce e, soprattutto, mantenere la pace.
Perché in un quartiere dove ogni notte si possono sentire spari, la vera forza non è chi uccide, ma chi riesce a far guadagnare tutti senza far scoppiare una guerra.
Il nome di Enzo Notturno, boss storico del clan Amato-Pagano, ricorre spesso nei racconti dei pentiti. È lui il punto di riferimento per uomini come Cifariello, il garante delle alleanze e il custode degli interessi del clan nei territori “misti” come Scampia.
“Era lui a proteggere Nanduccio — spiega Rafaniello —, gli Amato lo consideravano affidabile, uno che portava soldi e rispettava le regole.”
Grazie a questa protezione, Cifariello riuscì a far prosperare le piazze dei Sette Palazzi anche nei periodi di maggiore tensione con i gruppi della Vanella-Grassi.
Oggi i Sette Palazzi non sono più soltanto un luogo di spaccio: sono un simbolo della resilienza della camorra. Ogni volta che un’operazione di polizia colpisce la rete, il sistema si ricompone da solo, con nuovi volti e nuove gerarchie.
È il cuore pulsante di un’economia parallela che continua a muovere milioni di euro ogni anno.
In questo scenario, figure come Nanduccio Cifariello rappresentano l’anello di congiunzione tra la vecchia e la nuova camorra: quella che spara e quella che investe, quella che comanda nel silenzio.
Gli investigatori ritengono le parole di Rafaniello “genuine e coerenti”, ma anche profondamente intrise di vissuto.È la memoria di un uomo cresciuto in un mondo dove il potere è un linguaggio, e dove la fedeltà vale più della paura.
E nelle sue parole si coglie un dettaglio che racconta tutto: “Nanduccio era rispettato da tutti. Non perché mettesse paura, ma perché portava soldi e non tradiva mai.” Un ritratto perfetto del nuovo camorrista di Scampia: meno appariscente, più pericoloso.
2. continua
(nella foto da sinistra in alto, Gaetano Angrisano, Alessio Angrisano, Francesco Angrisano e il pentito Raffaele Paone. In basso sembre da sinistra Elia Cancello, Maurizio Cancello, ferdinando Cifariello ed Enzo Notturno)
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L'argomento de articolo è davvero interesante, ma ci sono molte cose che non sono chiare. La camorra a Scampia è un tema complesso e io credo che sia importante fare chiarezza su quello che è successo con Elia Cancello e i clan. Spero che ci siano piu informazioni.