
Le indagini della ddda di Napoli sul condizinamento del clan D'Alessandro nella gestione della squadra di calcio della Juve Stabia che da due anni milita in serie B si sono avvalse anche della dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia anche del clan Cesarno oltre a quelli della cosca dei D'Alessandro.
Il provvedimento di sequestro e amministrazione giudiziaria a cui la società è stata sottoposta stamane è di natura non ablativa ma finalizzato al ripristino della legalità, ed è stato adottato su proposta congiunta del Procuratore nazionale antimafia, del Procuratore della Repubblica di Napoli e del Questore di Napoli. L
'esito di un'articolata indagine patrimoniale e investigativa ha svelato l'esistenza di un vero e proprio sistema di condizionamento mafioso sull'attività economica della società da parte del clan D'Alessandro, egemone nel territorio stabiese.
Le indagini hanno utilizzato contributi dichiarativi di collaboratori di giustizia e riscontri da intercettazioni in carcere, anche di detenuti al 41-bis, confermando che la gestione di numerosi servizi legati alle competizioni sportive era sistematicamente affidata a imprese e soggetti con profili di contiguità al clan.
I servizi strategici in mani compromesse
L'influenza del clan non era limitata a singoli episodi, ma si era radicata nei settori nevralgici della società. Le imprese vicine al clan D'Alessandro gestivano i servizi di:
Sicurezza e Stewarding
Ticketing
Buvette
Pulizie e servizi sanitari
Trasporto della prima squadra (fino al 2024)
Secondo gli inquirenti, la compagine societaria attuale è subentrata in relazioni economiche "di antica data", che sin dall'origine erano sottoposte al condizionamento mafioso, senza dotarsi di "adeguati meccanismi di controllo e prevenzione".Potrebbe interessarti
La Dda: "Il clan D'Alessandro aveva tutta la gestione della Juve Stabia"
La Juve Stabia finisce sotto amministrazione giudiziaria: provvedimento antimafia del procuratore nazionale
Maxi frode sul carburante: indagate 30 società tra Caserta e Napoli
Camorra, la Cassazione annulla l'ordinanza per il ras del clan Licciardi, Vincenzo Caiazzo
Stewarding e biglietti: il vizio di forma all'ordine pubblico
L'assenza di rigorosi controlli nel settore della sicurezza e dello stewarding ha avuto ripercussioni dirette sull'ordine pubblico. Un esempio lampante si è verificato durante la partita Juve Stabia - Bari del 9 febbraio 2025, quando il personale del Commissariato di Castellammare di Stabia ha sorpreso ai tornelli della Curva San Marco un esponente del tifo organizzato già colpito da D.A.spo. (Divieto di Accesso alle Manifestazioni Sportive) in un ruolo attivo di filtraggio, accanto agli steward.
Ancor più grave la situazione del ticketing: le indagini hanno scoperto una prassi diffusa (e potenzialmente idonea) ad aggirare i divieti attraverso l'uso di punti vendita compromessi e l'emissione di biglietti con dati anagrafici alterati. In questo modo, soggetti pregiudicati e colpiti da Daspo, molti dei quali contigui al clan D'Alessandro, potevano accedere indisturbati allo stadio.
Tifoseria e settore giovanile: l'infiltrazione a scopo di consenso
Il clan D'Alessandro ha dimostrato una diffusa infiltrazione nella tifoseria organizzata locale. Un corposo lavoro di analisi delle presenze allo stadio ha portato all'emissione, nella sola scorsa stagione, di 38 provvedimenti di Daspo:
22 divieti sono stati emessi "fuori dal contesto di episodi violenti", a carico di pregiudicati appartenenti o contigui al clan.
16 divieti sono stati emessi in occasione di episodi violenti durante le partite.
La festa sul palco con pregiudicati insieme a società e amministratori comunali
La saldatura tra criminalità e tifo è culminata il 29 maggio scorso, durante la festa organizzata dal Comune di Castellammare per celebrare la stagione calcistica: sul palco, accanto ai vertici della società, alle autorità civili e alle istituzioni pubbliche, si sono presentati pubblicamente i rappresentanti dei tre gruppi ultras, alcuni dei quali colpiti da Daspo e con profili di contiguità criminale.
Infine, anche le scelte dei responsabili del settore tecnico giovanile sono risultate compromesse, con almeno uno dei dirigenti già noto alla giustizia sportiva per "radicate e consolidate relazioni con il clan".
L'intervento della magistratura non mira a confiscare la società, ma a interrompere il circuito di agevolazione mafiosa. L'amministrazione giudiziaria è stata disposta per ripristinare la legalità e la trasparenza gestionale, restituendo alla Juve Stabia "condizioni di autonomia, correttezza e regolarità operativa".
Lascia un commento