Paolo Piccolo, il giovane detenuto morto
Avellino— È morto dopo un anno di ricovero e di agonia all’ospedale “Moscati” di Avellino Paolo Piccolo, il detenuto di 26 anni vittima di un violento pestaggio all’interno della casa circondariale del capoluogo irpino.
Da quel giorno, le sue condizioni non si erano mai riprese: il giovane era rimasto gravemente cerebroleso, fino a ridursi a poco più di 24 chili di peso.
Nonostante le denunce e le richieste d’aiuto avanzate dalla famiglia, dall’avvocato Costantino Cardiello e dal garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, non era mai stata trovata una struttura sanitaria specializzata in grado di accoglierlo. A denunciare il caso era stata soprattutto la nonna, Cira Russo, che per mesi aveva condotto una battaglia pubblica per il nipote, arrivando anche a protestare davanti all’ospedale per chiedere un’assistenza adeguata.
"Paolo è stato lasciato solo — aveva più volte denunciato la donna —, e nessuno si è preso la responsabilità di garantirgli le cure necessarie". Attorno a lei si era mobilitata una rete di amici, attivisti e cittadini, anche sui social, ma ogni tentativo si era infranto contro le difficoltà burocratiche e l’assenza di strutture idonee.
Il giovane era rimasto vittima, nel 2023, di una violenta aggressione all’interno del carcere di Avellino. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, un gruppo di undici detenuti aveva preso in ostaggio un agente di polizia penitenziaria per sottrargli le chiavi della sezione, dando il via a un raid punitivo contro Piccolo che subì lo sfondamento del cranio e venne colpito da 26 coltellate, una delle quali perforò il polmone.
Tre degli imputati hanno scelto il rito abbreviato e, lo scorso luglio, sono stati condannati complessivamente a 27 anni e due mesi di reclusione.
Le indagini avevano ipotizzato una spedizione punitiva motivata da vecchi contrasti tra detenuti. Le immagini delle telecamere interne e le testimonianze avevano permesso di identificare i responsabili, poi rinviati a giudizio.
Dopo l’aggressione, Paolo era stato ricoverato in condizioni disperate al Moscati di Avellino, dove i medici avevano tentato di stabilizzarlo. Successivamente era stato trasferito al centro riabilitativo Don Gnocchi di Sant’Angelo dei Lombardi, ma le sue condizioni si erano aggravate, rendendo necessario un nuovo ricovero nel reparto di terapia intensiva del Moscati.
Dopo dodici mesi di cure e speranze sempre più flebili, il suo cuore ha smesso di battere.
La morte del giovane riapre ora il fronte giudiziario: il decesso potrebbe aggravare la posizione degli undici imputati, facendo mutare il reato ipotizzato dai magistrati. Con il decesso di Piccolo l'accusa verrà riformulata in omicidio aggravato
La famiglia, assistita dal legale Cardiello, annuncia che continuerà a chiedere verità e giustizia: "Non vogliamo vendetta — ha dichiarato l’avvocato —, ma che venga riconosciuto fino in fondo ciò che Paolo ha subito dietro le sbarre, in un luogo dove avrebbe dovuto essere protetto dallo Stato".
Una vicenda che riporta al centro dell’attenzione il tema delle condizioni di sicurezza e tutela sanitaria nelle carceri italiane, e che lascia dietro di sé il dolore di una famiglia e il silenzio di un’istituzione che, ancora una volta, non è riuscita a garantire né giustizia né dignità a un detenuto.