Il Rems di san Nicola Baronia
Avellino– Un altro dramma si consuma tra le mura di un istituto di detenzione, un altro episodio che parla un linguaggio fatto di violenza, solitudine e sistemi al collasso.
Un detenuto 60enne della provincia di Napoli, con gravi problemi psichiatrici, è deceduto ieri nel Reparto di Rianimazione dell'ospedale "Moscati" di Avellino, dove era ricoverato in condizioni disperate dal 29 settembre.
La causa del ricovero, secondo le prime indagini dei Carabinieri, sarebbe un violento pestaggio subito all'interno della REMS (Residenza per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza) di San Nicola Baronia, ad opera di un altro ospite della struttura, più giovane.
Nonostante il tempestivo intervento di due infermieri della REMS, che hanno praticato il massaggio cardiaco e utilizzato un defibrillatore prima del suo trasferimento in ospedale, le condizioni dell'uomo sono state da subito giudicate gravissime e non hanno lasciato scampo.
La Procura di Benevento, competente per territorio, ha aperto un'inchiesta per accertare le precise dinamiche dell'accaduto e le eventuali responsabilità.
Questo ennesimo fatto di sangue, tuttavia, non può essere letto solo come un tragico episodio isolato. Esso rappresenta la punta di un iceberg di una crisi profonda e strutturale che attanaglia il sistema penitenziario e, in particolare, il circuito delle Misure di Sicurezza per persone con disabilità mentale.
Le REMS: Una Soluzione Imperfetta. Le REMS sono nate per sostituire gli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), in seguito alla Legge 81/2014, con l'obiettivo di garantire un contesto più terapeutico e meno carcerario.
Tuttavia, queste strutture soffrono spesso di sovraffollamento, carenza di personale specializzato (psichiatri, psicologi, educatori) e finanziamenti inadeguati. La convivenza forzata di persone con gravi disturbi, in spazi ristretti e senza un adeguato supporto, crea un ambiente ad altissimo rischio di tensioni e violenze.
Sovraffollamento e Violenza. Il sovraffollamento, un male cronico delle carceri italiane che tocca anche molte REMS, è un moltiplicatore di conflitti. Riduce gli spazi vitali, limita l'accesso alle attività riabilitative e aumenta esponenzialmente lo stress e l'aggressività tra i detenuti/ospiti. In un contesto del genere, anche un litigio banale può degenerare in tragedia.
La Carenza di Assistenza Sanitaria. La cronaca riporta la presenza di due infermieri, il cui intervento è stato cruciale. Tuttavia, la domanda che sorge spontanea è: era presente un presidio medico o psichiatrico adeguato e continuativo nella struttura? La gestione della salute mentale in carcere e nelle REMS è una delle sfide più ardue. La carenza di personale sanitario dedicato e la lentezza burocratica nei trasferimenti in ospedale specialistico possono lasciare senza risposta i bisogni più urgenti di pazienti fragilissimi.
Quella del 60enne morto nel carcere di Avellino si aggiunge a un triste elenco di morti avvenute in stato di detenzione. Solo nei primi mesi del 2023, secondo i rapporti di associazioni come Antigone, si sono verificate decine di decessi, per suicidi, malattie non curate adeguatamente o, come in questo caso, aggressioni. Ogni morte rappresenta un fallimento dello Stato nel suo dovere di custode, che include l'obbligo di proteggere l'incolumità e la salute di chi è privato della libertà.
Conclusione
La morte dell'uomo nella REMS di Avellino è un monito drammatico. Chiama in causa non solo le responsabilità individuali di chi ha materialmente compiuto il gesto violento, ma anche le responsabilità politiche e istituzionali di chi, per anni, ha sottovalutato l'emergenza carceraria.
Investire in personale, strutture, programmi riabilitativi e assistenza sanitaria non è un optional, ma un imperativo legale, etico e di civiltà. Senza un cambio di rotta, il rischio è che simili tragedie continuino a ripetersi, nell'indifferenza generale, tra le mura di quelle che dovrebbero essere "residenze per la sicurezza" e che troppo spesso si rivelano, invece, luoghi di ulteriore pericolo e abbandono.
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