L'ingresso del carcere di Secondigliano
Napoli – Nuova operazione di controllo all’interno del carcere di Secondigliano, uno degli istituti più delicati della Campania.
Nelle prime ore del mattino del 9 settembre, la Polizia penitenziaria ha rinvenuto tre smartphone nascosti nelle camere di pernottamento del reparto di alta sicurezza “Ligure” e altri due cellulari nei luoghi comuni del reparto “Ionio”.
Il blitz segue di pochi giorni un’analoga operazione: il 5 settembre erano già stati sequestrati altri tre telefoni nelle aree comuni del reparto “Ligure”, utilizzati dai detenuti per le attività ricreative. In totale, quindi, otto dispositivi sono stati sottratti in meno di una settimana all’interno del penitenziario.
A sottolineare la portata del risultato è il segretario regionale dell’OSAPP Campania, Vincenzo Palmieri, che ha espresso «soddisfazione per l’efficacia dell’attività di controllo della Polizia penitenziaria», evidenziando come il sequestro abbia impedito ai detenuti di mantenere contatti esterni non solo con i familiari, ma potenzialmente anche per la gestione di attività criminali sul territorio.
Palmieri ha però rilanciato un allarme: «Chiederemo ai vertici politici e amministrativi interventi concreti per la schermatura dei penitenziari, così da bloccare l’atterraggio dei droni, che sempre più spesso vengono utilizzati per introdurre cellulari e oggetti non consentiti all’interno delle carceri».
Il rinvenimento di telefoni cellulari nelle celle e nelle aree comuni delle sezioni di alta sicurezza conferma un fenomeno ormai strutturale nelle carceri italiane: strumenti che diventano veri e propri centri di comando a distanza, utili a mantenere rapporti con le organizzazioni criminali e a gestire traffici illeciti dall’interno.
La stessa Procura antimafia ha più volte sottolineato come i clan abbiano fatto del carcere non solo un luogo di detenzione, ma anche un avamposto operativo, grazie alla possibilità di comunicare con l’esterno attraverso telefonini e messaggistica criptata.
Gli episodi di Secondigliano si inseriscono in un quadro nazionale preoccupante: negli ultimi anni i sindacati di categoria denunciano un incremento del fenomeno e chiedono da tempo strumenti tecnologici più efficaci, come sistemi di inibizione del segnale telefonico, scanner anti-droni e un potenziamento degli organici della Polizia penitenziaria.
L’operazione del 9 settembre conferma la capacità del personale di intercettare i tentativi di infiltrazione tecnologica, ma al tempo stesso mette in luce la necessità di un salto di qualità nelle strategie di contrasto. Perché dietro ogni smartphone nascosto tra le mura di un carcere, può celarsi il filo diretto con la criminalità organizzata che continua a operare sul territorio.
Questo articolo è stato pubblicato il 10 Settembre 2025 - 17:30