Aula udienza del Tribunale di Napoli
Napoli – L’accelerazione imposta dal Tribunale di Napoli al processo che vede imputati esponenti di spicco del clan Moccia di Afragola — una delle organizzazioni camorristiche più potenti e radicate della Campania — sta provocando un duro scontro tra magistratura e avvocatura.
Se da un lato la decisione del Tribunale del Riesame di confermare la libertà per i 15 imputati scarcerati il mese scorso per decorrenza dei termini di custodia cautelare sembra aver parzialmente allentato le tensioni, dall’altro la scelta di concentrare il calendario dibattimentale scatena la protesta di penalisti e Ordine degli avvocati.
Il nuovo programma processuale prevede, a partire dalla prossima settimana, 3-4 udienze settimanali fino a novembre, con giornate in cui saranno ascoltati anche 20-30 testimoni. Una maratona giudiziaria che, secondo i legali, rischia di comprimere il diritto di difesa.
“Un’accelerazione del genere — si legge in una nota congiunta del presidente della Camera penale di Napoli Marco Muscariello e del presidente dell’Ordine degli avvocati partenopei Carmine Foreste — compromette in modo irreparabile l’attività difensiva, mortificando il ruolo dell’avvocato che rappresenta il primo baluardo delle libertà in uno Stato di diritto”.
La vicenda giudiziaria è complessa. Il dibattimento, in corso da circa tre anni, ha subito continui rallentamenti che hanno portato, nel luglio scorso, alla scarcerazione di 15 imputati per decorrenza dei termini.
Secondo l’avvocatura, le cause principali sono:
l’errore di competenza territoriale: il processo fu inizialmente assegnato al Tribunale di Napoli Nord, per poi essere trasferito a Napoli, con inevitabile perdita di tempo;
l’esame dei testimoni: l’audizione di un solo testimone dell’accusa ha richiesto quasi due anni e decine di udienze;
l’enorme mole di atti: oltre 66mila pagine di intercettazioni e 15mila verbali di collaboratori di giustizia, documenti che hanno rallentato inevitabilmente l’acquisizione e l’analisi.
Gli avvocati ricordano inoltre di aver agevolato il procedimento accettando l’acquisizione di gran parte dei verbali dei collaboratori, a dimostrazione della volontà di accelerare.
Il punto critico, secondo penalisti e Ordine, è il confronto tra i tempi concessi all’accusa e quelli oggi imposti alla difesa.
“Per anni — sottolineano Muscariello e Foreste — la pubblica accusa ha avuto a disposizione tempi lunghissimi per raccogliere le prove. Ora, in nome della necessità di evitare un ennesimo cambio di collegio giudicante, si impone un ritmo che rende impossibile per i difensori esercitare in modo efficace il proprio mandato. È una disparità che viola il principio del giusto processo e del contraddittorio effettivo”.
Il processo coinvolge esponenti del clan Moccia di Afragola, storicamente considerata una delle formazioni criminali più potenti del panorama camorristico campano, capace di intrecciare affari illeciti con settori legali dell’economia e con una proiezione ben oltre i confini regionali.
È proprio la rilevanza del procedimento a rendere ancora più teso il clima in aula: da una parte la necessità di garantire tempi certi e celeri, dall’altra la rivendicazione del ruolo della difesa come presidio imprescindibile di legalità.
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E' strano come i processi possono durare tantissimi anni e poi all'improvviso si vogliono fare udienze a raffica. I avvocati devono avere tempo per prepararsi, non è giusto che siano messi sotto pressione cosi tanto.