Nella foto il giovane skipper morto Giovanni Marchionni
Olbia – Il caso della morte del giovane skipper Giovanni Marchionni, il 21enne di Bacoli deceduto l'8 agosto scorso a bordo di uno yacht ormeggiato nel porto turistico di Portisco, in Sardegna, continua a riservare colpi di scena.
Una nuova ispezione tecnica, durata oltre 12 ore e condotta il 5 settembre dai periti nominati dalle parti coinvolte, ha escluso la presenza di monossido di carbonio come causa del decesso, smentendo l'ipotesi iniziale emersa dal primo sopralluogo.
Al suo posto, emergono indizi che puntano a un altro gas tossico, l'acido solfidrico, potenzialmente letale in ambienti chiusi come la cabina dove il ragazzo stava dormendo.
Per confermare questa pista, sono stati prelevati ulteriori campioni d'aria, inviati a un laboratorio specializzato a Treviso per analisi approfondite, mentre attendono gli esiti degli esami istologici disposti per verificare segni di intossicazione.
La vicenda ha avuto inizio nella notte tra il 7 e l'8 agosto, quando il corpo del giovane è stato rinvenuto senza vita all'interno dello scafo di un lussuoso yacht, di proprietà di un armatore privato.
Giovanni, originario di Bacoli, una località affacciata sul Golfo di Pozzuoli nota per la sua tradizione marinara, era salito a bordo come skipper stagionale, incaricato di gestire l'imbarcazione durante la stagione estiva.
Secondo le prime ricostruzioni investigative, il ragazzo si era ritirato in cabina per riposare dopo una giornata di lavoro, ma le circostanze esatte della morte rimangono avvolte nel mistero.
Nessun segno di violenza esterna, né evidenti traumi, ha portato gli inquirenti a privilegiare l'ipotesi di un'intossicazione accidentale, forse legata a un malfunzionamento degli impianti di bordo o a emissioni gassose non rilevate.
L'inchiesta, coordinata dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania e diretta dal sostituto procuratore incaricato, ha preso il via immediatamente dopo il ritrovamento del corpo, con il sequestro dell'imbarcazione e l'autopsia sul cadavere del giovane.
I primi rilievi tossicologici avevano inizialmente indicato tracce di monossido di carbonio nell'aria della cabina, alimentando sospetti su un avvelenamento da scarichi del motore o da un generatore difettoso.
Questa ipotesi, però, è stata ora definitivamente scartata dalla perizia aggiornata, che ha rilevato un errore nei campionamenti iniziali – forse dovuto a contaminazioni esterne o a strumenti non calibrati adeguatamente.
Al centro dell'attenzione, ora, c'è l'acido solfidrico (H2S), un gas inodore e altamente tossico prodotto dalla decomposizione organica o da reazioni chimiche in ambienti umidi come quelli marini, che può causare asfissia rapida e morte improvvisa anche in concentrazioni basse.
La famiglia di Giovanni, assistita dall'avvocato difensore Maurizio Capozzo, non ha mai dubitato della natura lavorativa del decesso: il ragazzo era a bordo per svolgere il suo mestiere di skipper, ma – come denunciato dai legali – non risulta alcun contratto depositato presso l'INAIL, l'ente assicurativo per gli infortuni sul lavoro.
Questo elemento ha innescato un'indagine interna da parte dell'INAIL stessa, che sta esaminando se la morte possa essere qualificata come infortunio professionale non assicurato, con possibili risvolti penali per i datori di lavoro o l'armatore.
"Giovanni era lì per lavorare, punto e basta", ha ribadito in una nota l'avvocato della famiglia, sottolineando l'assenza di elementi che indichino un comportamento imprudente da parte del giovane.
Le indagini stanno anche valutando la responsabilità dell'equipaggio e del proprietario dello yacht, con ipotesi di negligenza per mancata manutenzione degli impianti o per omissioni nella sicurezza a bordo.
La super-perizia disposta dalla Procura, che include l'analisi dei nuovi campioni d'aria e gli esami istologici sui tessuti del ragazzo, potrebbe richiedere diverse settimane per essere completata.
Nel frattempo, l'inchiesta procede su più fronti: oltre all'aspetto tossicologico, i magistrati stanno acquisendo le registrazioni delle telecamere del porto, le testimonianze di chi era a bordo quella notte e i documenti relativi all'omologazione dell'imbarcazione.
Il caso di Portisco non è isolato nel mondo della nautica da diporto: negli ultimi anni, diversi incidenti simili hanno colpito skipper e marinai, spesso legati a gas tossici accumulatisi in spazi confinati, ma qui il profilo giudiziario si complica per l'assenza di tutele assicurative e per le dinamiche di un lavoro precario nel settore turistico.
La morte di Giovanni Marchionni, un ragazzo descritto dai familiari come appassionato di mare e pieno di sogni, ha riaperto il dibattito sulla sicurezza nel mondo della nautica professionale, specialmente per i giovani lavoratori stagionali.
La Procura di Tempio Pausania promette aggiornamenti non appena i risultati delle analisi saranno disponibili, ma per la famiglia bacolese l'attesa è angosciante: "Vogliamo solo la verità", hanno dichiarato i parenti, che hanno già avviato una battaglia civile per ottenere giustizia e riconoscimento del decesso come infortunio sul lavoro. Il giallo di Portisco, dunque, resta aperto, con l'acido solfidrico che potrebbe essere la chiave per svelare l'arcano di quella tragica notte d'estate.
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