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30 Settembre 2025 - 20:33

L'assassino di Paupisi e lo strano collegamento con il mostro del Circeo

Di Rosaria Federico

Campobasso – C’è un filo oscuro che lega due tra le pagine più nere della cronaca italiana, divise da decenni ma unite da un destino geografico che sembra quasi beffardo.

Nelle campagne di Ferrazzano, piccolo centro in provincia di Campobasso, i carabinieri hanno rintracciato Salvatore Ocone, 58 anni, l’operaio di Paupisi, in provincia Benevento accusato di aver assassinato a colpi di pietra la moglie, Elisabetta Polcino, 49 anni.

Dopo il delitto, l’uomo era fuggito portando con sé i due figli. Il tragico epilogo: uno dei bambini è stato ritrovato morto, l’altra in condizioni gravissime. Una vicenda di sangue e follia familiare che ha scosso il Sannio e che ora si arricchisce di un dettaglio macabro: il luogo della cattura, Ferrazzano, è lo stesso teatro in cui, esattamente vent’anni fa, Angelo Izzo, il “mostro del Circeo”, tornò a uccidere.

Il fantasma del Circeo

Il richiamo è inevitabile. Oggi ricorre il 50esimo anniversario del massacro del Circeo, uno dei delitti più efferati della storia criminale italiana. Era il 1975 quando Izzo, insieme a Gianni Guido e Andrea Ghira, sequestrò e seviziò due ragazze, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti: la prima fu assassinata, la seconda riuscì miracolosamente a salvarsi.

Un caso che segnò l’Italia degli anni Settanta, simbolo della violenza maschilista e del degrado culturale di un’epoca.

E proprio a Ferrazzano, il 28 aprile 2005, Izzo – già condannato all’ergastolo e incredibilmente in regime di semilibertà – consumò un nuovo duplice delitto: l’uccisione di Maria Carmela Linciano e della figlia Valentina Maiorano, rispettivamente moglie e figlia di un ex affiliato della Sacra Corona Unita conosciuto in carcere. Due vite spezzate per denaro, per vendetta, per il furore criminale mai sopito di un uomo che non aveva mai smesso di essere un assassino.

Ocone e Izzo: follie diverse, stesso luogo maledetto

Il parallelismo tra Ocone e Izzo non è giudiziario ma narrativo, quasi simbolico. Due storie distanti, certo: da un lato il femminicidio familiare, figlio di una rabbia cieca, di dinamiche domestiche che si trasformano in tragedia; dall’altro la violenza spietata di un criminale seriale, con radici profonde nel buio degli anni di piombo.

Eppure il destino ha voluto che i due nomi si incrociassero nella geografia di Ferrazzano, un paese che ormai porta il peso di un ricordo ingombrante: luogo di catture e delitti, scenario che si presta a diventare simbolo di un’Italia che non riesce a liberarsi dal fantasma dei propri mostri.

Emergenza femminicidi e violenza domestica

Il caso Ocone si inserisce nel contesto drammatico della violenza di genere che, come confermano i dati, continua a insanguinare l’Italia. Le cronache giudiziarie raccontano ogni settimana di donne uccise da mariti, compagni o ex partner. Secondo le statistiche del Viminale, oltre 100 donne all’anno vengono assassinate in Italia, in gran parte in ambito familiare o affettivo.

Il femminicidio di Paupisi, con l’agghiacciante epilogo dei figli coinvolti, diventa così l’ennesimo tassello di una strage silenziosa, che attraversa città e piccoli paesi, senza distinzione geografica.

Un filo nero lungo cinquant’anni

Da Rosaria Lopez a Elisabetta Polcino, dalla casa del Circeo alle campagne di Paupisi e Ferrazzano, scorre un unico filo nero: quello della violenza sulle donne, della brutalità maschile, della fragilità delle istituzioni nel prevenire e contenere tragedie annunciate.

E mentre Salvatore Ocone attende ora il giudizio della magistratura, il nome di Ferrazzano torna sulle pagine di cronaca. Non per il ricordo di Angelo Izzo, né per la ricorrenza del Circeo, ma per un nuovo episodio di sangue che ripropone, sotto altre forme, lo stesso antico dolore: quello di donne vittime, ancora oggi, di una violenza che sembra non conoscere fine.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 30 Settembre 2025 - 20:33 - Rosaria Federico

Questo articolo è stato pubblicato il 30 Settembre 2025 - 20:33

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Rosaria Federico

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  • Non capisco come sia possibile che in un paese come Italia ci siano cosi tanti femminicidi. La violenza sulle donne non deve essere mai accettato e le istituzioni dovrebbero fare di più per proteggere le vittime.

    • Si, sono d'accordo con te. E' triste vedere come la storia si ripeta e non si impara dal passato. Speriamo che un giorno queste tragedie smettano di succedere e che ci sia piu sicurezza per le donne.

  • Il paragone è molto forzato, perché si tratta di storie completamente diverse, e il fatto che il luogo sia lo stesso è solo una coincidenza. Appare poi riduttivo il voler trovare un comune denominatore nella violenza di genere, perché la vicenda iniziata a Paupisi è molto più complessa e agghiacciante. Infatti in questo caso non è stata uccisa solo una donna e moglie, ma anche un figlio adolescente di soli quindici anni, e si spera davvero che la sorella di poco più grande non segua la stessa sorte! Quindi nei fatti di Paupisi coesistono ben tre crimini tra i più terribili, e cioè non solo il femminicidio, ma anche il cosiddetto "familicidio", che a sua volta comprende un infanticidio, inteso anche nel senso più esteso di omicidio degli stessi figli.