Nella foto il culto di San Castrese
Il culto di San Castrese affonda le proprie radici tra il IV e il V secolo d.C., in un contesto segnato dalle persecuzioni dei Vandali. La tradizione agiografica racconta che Genserico, re dei Vandali, volle eliminare un gruppo di dodici vescovi africani inviandoli in mare su una nave fatiscente senza timone, con l’intento di farli affogare. Contrariamente alle intenzioni, la nave miracolosamente approdò sulle coste campane, e tra quei vescovi c’era Castrese, che decise di stabilirsi nella zona di Sinuessa (oggi nel territorio di Mondragone o Sessa Aurunca) per proseguire la propria missione pastorale.
Il racconto, forte di simbolismo religioso, funge da origine narrativa per un culto che ben presto si diffuse in numerosi centri della Campania, come Marano di Napoli, Castel Volturno, Sessa Aurunca e Quarto Flegreo, e, con il trasferimento delle reliquie, giunse fino a Monreale, in Sicilia.
Questa introduzione concentrata arricchisce l’articolo incorporando dettagli storici più profondi sul contesto di provenienza del santo e sulle località coinvolte nel suo culto.
La narrazione della Passio Sancti Castrensis, redatta probabilmente tra Sessa e Capua, è centrale per comprendere l’identità agiografica di San Castrese. Secondo questa tradizione, durante le persecuzioni vandale (circa 439–440 d.C.), Castrese e altri undici vescovi africani furono imprigionati e imbarcati su una nave destinata al naufragio. Sorprendentemente, l’imbarcazione naufragata giunse integra in Campania, a testimonianza di un intervento miracoloso.
Una radicazione significativa del culto viene confermata da evidenze archeologiche: una “transenna marmorea quadrata” con croce monogrammatica, datata ai secoli V–VI, scoperta nel Museo di Capua, potrebbe indicare una fenestella confessionis collocata sulla presunta tomba di San Castrese. Inoltre, una pittura datata tra l’VIII e il X secolo, rinvenuta in una grotta nei pressi di Calvi (Caserta), rappresenta Castrese affiancato a un altro vescovo (Prisco), a ulteriore testimonianza del radicamento locale della venerazione.
Il miracolo della nave e la sopravvivenza miracolosa del gruppo di vescovi rientrano in un topos agiografico frequente in Campania: storie simili si ritrovano in altre Passiones, modellate per edificare la fede locale e nobilitare figure martiri, spesso con valenze simboliche forti più che con intento storico rigoroso
Nel 1177, in occasione delle nozze tra il re normanno Guglielmo II di Sicilia e Giovanna d’Inghilterra, l’arcivescovo Alfano di Capua offrì come dono nuziale il corpo di San Castrese (privo della testa rimasta in Campania). Il corpo fu deposto sotto l'altare maggiore della Cattedrale di Monreale, dando così origine al culto del santo come protettore della città siciliana.
Nel corso del Cinquecento, il cardinale Ludovico II Torres fece erigere la Cappella di San Castrense nella cattedrale, che nel 1637 fu ulteriormente arricchita dal nipote, cardinale Cosimo de Torres, con un pregevole reliquiario in argento per custodire le reliquie.
Dopo 848 anni, nel settembre 2025, le reliquie di San Castrese sono tornate in Campania per una peregrinatio che ha coinvolto Marano di Napoli, Quarto Flegreo, Sessa Aurunca (frazione San Castrese) e Castel Volturno.
L’evento è iniziato l’1 settembre a Marano
Questo articolo è stato pubblicato il 12 Settembre 2025 - 18:02