Salerno- Con tutti i capi in carcere erano le donne, ovvero moglie e parenti stretti dei boss ad aver preso il controllo del clan Fezza-de Vivo di pagani e dintorni,.
Stamane grazie a un'operazione congiunta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Salerno, della Squadra Mobile di Salerno e dei Carabinieri di Nocera Inferiore è stato inferto un duro colpo al clan Fezza-De Vivo.
Sono state eseguite due ordinanze di custodia cautelare che hanno portato all'arresto di 88 persone, tra cui tre minorenni. L'accusa per gli indagati, tra cui spiccano figure di primo piano del sodalizio criminale, è di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico di stupefacenti, tentato omicidio, estorsione e detenzione illegale di armi.
Le misure cautelari, 79 in carcere e 9 ai domiciliari, hanno coinvolto anche soggetti affiliati al clan e attivi tra Pagani, base operativa dell'organizzazione, e i comuni limitrofi delle province di Salerno e Napoli, in particolare Sant'Antonio Abate e Santa Maria la Carità.
Gli investigatori sono riusciti a documentare la fase di riorganizzazione interna del sodalizio, che stava cercando di inglobare nuove leve. Le indagini hanno rivelato il ruolo cruciale svolto dalle donne del clan, che gestivano la "cassa comune", la distribuzione dei proventi illeciti e il riciclaggio dei capitali, agendo su ordini dei capi detenuti.
Un'indagine partita da un tentato omicidio
L'indagine, supportata anche da elicotteri e unità cinofile, è la prosecuzione di una precedente operazione del dicembre 2022.Potrebbe interessarti
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Il controllo del territorio e il traffico di armi e droga
L'organizzazione criminale, forte della sua violenza intimidatrice, aveva esteso il proprio dominio sulle piazze di spaccio paganesi. Il clan imponeva la fornitura diretta di droga o, in alternativa, una "tangente" mensile. Anche altri gruppi criminali, dediti a furti d'auto e ricettazione, erano costretti a pagare.
Parallelamente, la Guardia di Finanza di Salerno ha avviato un sequestro preventivo di beni di ingente valore, la cui provenienza non è compatibile con i redditi dichiarati dagli indagati. Le investigazioni hanno, inoltre, accertato che il sodalizio si era espanso fino al Napoletano per monopolizzare il mercato degli stupefacenti, una mossa che aveva generato tensioni con i clan locali, sfociate in violenze e azioni di fuoco.
Le indagini telematiche, condotte anche con la collaborazione della Francia, hanno permesso di decriptare la messaggistica cifrata utilizzata per gli approvvigionamenti di droga dal Sud America e dall'Europa. L'analisi delle chat ha svelato un traffico imponente: circa 600 kg di hashish, 100 kg di marijuana e 35 kg di cocaina movimentati in pochi mesi.
Infine, sono state documentate la detenzione e l'acquisto di armi da guerra, tra cui fucili Skorpion e Kalashnikov. In un covo del clan è stato scoperto un arsenale che includeva una mitragliatrice UZI, otto pistole e due giubbotti antiproiettile, oltre a circa mille munizioni. Il clan controllava anche il riciclaggio di veicoli rubati, fornendo la tecnologia necessaria per i furti.






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