Nell'immagine, un contesto collegato ai fatti.
Napoli– Un’operazione della Squadra Mobile di Napoli, coordinata dalla Procura della Repubblica –Direzione Distrettuale Antimafia, si è conclusa stamattina con l’esecuzione di un fermo di indiziato di delitto.
La misura cautelare, emessa nell’ambito delle indagini preliminari, ha portato all’arresto di un uomo di 69 anni, ritenuto un affiliato al sodalizio criminale dei Celeste-Guarino, operante nel quartiere di Barra.
L’indagato è accusato di un pesante catalogo di reati: tentato omicidio, detenzione e porto illegale di arma da fuoco, usura aggravata e continuata. Tutti i capi d’imputazione sono aggravati dalla contestuale applicazione del metodo mafioso, che denuncia il controllo del territorio attraverso l’intimidazione e la violenza.
La vicenda giudiziaria affonda le sue radici in un agguato di stampo camorresco risalente al novembre 2023. In quella circostanza, un imprenditore locale si presentò all’Ospedale del Mare con una ferita da arma da fuoco alla gamba.
All’epoca, la vittima fornì una versione dei fatti reticente e poco credibile, dichiarando di essere stata avvicinata da un ignoto aggressore in strada, condotta in un androne, percossa con il calcio di una pistola e poi colpita da un proiettile mentre tentava di rialzarsi, riuscendo miracolosamente a evitare il colpo letale alla testa.
Il silenzio dell’imprenditore è durato fino allo scorso luglio, quando ha finalmente rotto il muro dell’omertà e denunciato il suo carnefice, identificando proprio il 69enne oggi fermato.
Il movente dell’aggressione, come spesso accade nella camorra, è da ricercarsi in una controversia di natura economica e in un “favore” non mantenuto. La vittima aveva fatto da intermediario affinché un altro imprenditore assumesse la moglie del suo aggressore. Tuttavia, alla donna non furono successivamente corrisposti gli stipendi pattuiti e la colpa di questo “sgarbo” ricadde sull’intermediario, che ne pagò il prezzo con un proiettile.
Sempre nel corso della denuncia di luglio, l’imprenditore ha svelato un altro terribile retroscena: a partire dal 2018, l’indagato gli avrebbe concesso numerosi prestiti usurari, con tassi esosi. Alcuni di questi debiti sarebbero ancora in essere e, a causa delle condizioni oppressive, l’uomo si era ritrovato nell’impossibilità di onorarli, finendo nel vortice della sudditanza tipica del racket dell’usura.
Le indagini della Mobile, seguite dalla DDA, hanno incrociato le dichiarazioni della vittima con altri elementi investigativi, raccogliendo un quadro di gravi indizi a carico del presunto usuraio.
La conferma è arrivata questa mattina durante la perquisizione domiciliare eseguita contestualmente al fermo: gli agenti hanno rinvenuto e sequestrato diversi fogli manoscritti, veri e propri “libri contabili” del crimine, contenenti nomi di vittime e ingenti cifre di denaro, la prova regina della sua attività di strozzinaggio.
Il provvedimento eseguito è una misura precautelare disposta in fase di indagini preliminari. La validità del fermo dovrà ora essere sottoposta al vagile del GIP per la convalida entro i termini di legge. Come previsto dal nostro ordinamento, l’indagato è da considerarsi presunto innocente fino alla eventuale condanna definitiva.
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