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Skipper di Bacoli morto in Sardegna, l’autopsia eslcude la morte violenta

Lipotesi più credibile rimane quella delle esalazioni tossiche
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Sassari – Nessun segno di lesioni, nessuna traccia di violenza. L’autopsia sul corpo di Giovanni Marchionni, 21 anni, skipper originario di Bacoli, ha escluso che la morte avvenuta a bordo di uno yacht ormeggiato a Marina di Portisco, in Costa Smeralda, sia stata causata da un’aggressione.

L’esame, eseguito nell’istituto di medicina legale di Sassari, ha confermato che il giovane non aveva assunto droghe, non soffriva di patologie cardiocircolatorie e non è stato colpito da infarto. «Il suo stato di salute era perfetto – precisa l’avvocato della famiglia, Maurizio Capozzo – era lì per lavorare».

Resta ora da chiarire la causa del decesso. L’ipotesi più accreditata, in attesa degli esiti degli esami chimico-istologici su campioni di tessuto, è quella di esalazioni tossiche, forse provenienti dall’imbarcazione o dai bagni chimici di bordo.

Gli inquirenti stanno ascoltando testimoni che, nelle ore precedenti al ritrovamento del corpo, avrebbero percepito un odore acre nell’area del porto.

La salma lascerà Olbia domani sera per essere trasferita a Bacoli. I funerali si terranno venerdì 15 agosto, nel pomeriggio, nella chiesa di San Gioacchino.

Le ultime 24 ore di Giovanni Marchionni

La sequenza degli eventi che precedono la tragedia di Portisco

Martedì 12 agosto – mattina
Giovanni Marchionni, 21 anni, si trova a bordo dello yacht ormeggiato a Marina di Portisco, Costa Smeralda. Sta completando alcune mansioni di bordo.

Ore 12:00
Alcuni colleghi lo vedono impegnato nei controlli di routine all’interno della cabina. Nulla fa presagire un malore imminente.

Pomeriggio
Lo yacht rimane fermo in porto. Alcuni operatori avvertono nell’area un odore acre e persistente, ma non si capisce da dove provenga. Nessuna segnalazione formale viene inoltrata.

Ore 20:00
Giovanni si ritira nella sua cabina. Non risultano contatti telefonici o messaggi anomali nelle ore successive.

Mercoledì 13 agosto – ore 7:30
Il personale di bordo nota l’assenza del giovane durante le prime attività del mattino.

Ore 8:00
La porta della cabina viene aperta: Giovanni è steso, privo di vita. Scatta l’allarme al 118.

Ore 9:00
Sul posto arrivano i carabinieri e la Guardia Costiera. La scena non presenta segni di colluttazione.

Giornata
Il corpo viene trasferito a Sassari per l’autopsia. Prime ipotesi: malore, overdose o morte violenta.

Giovedì 14 agosto – pomeriggio
L’autopsia esclude infarto, lesioni e uso di droghe. Si fa strada la pista delle esalazioni tossiche.

Quando le esalazioni diventano letali

Il rischio nascosto nelle cabine e nei bagni chimici delle imbarcazioni

Gli ambienti chiusi di una barca, specialmente nelle aree sottocoperta, possono trasformarsi in trappole silenziose se vapori o gas tossici non vengono rilevati e dispersati in tempo.

Origine delle esalazioni

  • Bagni chimici: rilasciano vapori di ammoniaca e altre sostanze irritanti, che in spazi ristretti possono raggiungere concentrazioni pericolose.

  • Motori e impianti di bordo: possibili perdite di carburante o difetti nello scarico possono liberare monossido di carbonio, gas inodore e incolore che provoca ipossia in pochi minuti.

  • Materiali e solventi: vernici, collanti e detergenti usati per la manutenzione possono rilasciare composti organici volatili.

Perché sono pericolose
Il monossido di carbonio si lega all’emoglobina impedendo al sangue di trasportare ossigeno. L’esposizione prolungata, anche a basse concentrazioni, può causare sonnolenza, confusione, perdita di coscienza e morte. In uno spazio chiuso come una cabina, l’accumulo è rapido e spesso impercettibile.

Come prevenirle

  • Installare rilevatori di gas e CO nelle aree interne.

  • Garantire una ventilazione costante, anche in porto.

  • Effettuare controlli periodici agli impianti di scarico e ai sistemi di aerazione.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato da Rosaria Federico il giorno 13 Agosto 2025 - 18:23

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