Svolta nelle indagini sulla tragedia di Napoli
Napoli - Un tubo spezzato nel punto di una saldatura e una serie di perni forse serrati in modo inadeguato: è su questi due elementi tecnici che si concentra la prima vera svolta nell’inchiesta sulla tragedia avvenuta il 25 luglio scorso al Rione Alto di Napoli, dove tre operai hanno perso la vita precipitando da un ponteggio montacarichi crollato al sesto piano di una palazzina in via San Giacomo dei Capri.
Le verifiche tecniche irripetibili ordinate dalla Procura di Napoli sono iniziate questa mattina, alla presenza dei consulenti delle parti coinvolte e degli avvocati difensori degli indagati.
Sotto osservazione c'è un tubo di sezione diversa rispetto agli altri, spezzato nel punto in cui è visibile una saldatura. Una anomalia che potrebbe rivelarsi determinante nel ricostruire le cause del cedimento strutturale. Al vaglio anche le condizioni e il corretto serraggio dei perni che dovevano garantire la stabilità del montacarichi.
Le indagini, coordinate dai pubblici ministeri, stanno seguendo più piste: dalla qualità dei materiali impiegati alle responsabilità nella catena di controllo.
Presenti agli accertamenti anche i consulenti e i legali dei soggetti attualmente iscritti nel registro degli indagati: l’imprenditore Pietroluongo (difeso dall’avvocato Zollo), l’imprenditore Napolitano (difeso da Fusco), l’amministratore del condominio (difeso da Ferraro) e il direttore dei lavori (assistito dagli avvocati Floccher e Anzelmo). Le parti offese sono rappresentate dagli avvocati Amedeo Di Pietro e Luigi Cinque.
Intanto l’intera area attorno al cantiere è stata transennata fin dalle prime ore del mattino. L’accesso a veicoli e pedoni è stato vietato per garantire la sicurezza e l’integrità degli accertamenti. L’area sarà riaperta solo al termine delle operazioni, che si preannunciano complesse e delicate.
Ma alla tragedia si aggiunge un altro episodio che lascia sgomenti. Carmen Martucci, compagna di Vincenzo Del Grosso – uno dei tre operai deceduti – è stata contattata dal commissariato Stella per formalizzare una denuncia: durante il fine settimana, la casa della vittima, nel quartiere Sanità, è stata svaligiata.
I ladri hanno portato via gli attrezzi da lavoro di Vincenzo e persino alcuni generi alimentari contenuti in un pacco ritirato in chiesa.
«È un atto vile – ha dichiarato l’avvocato Gianluca Zanfardino – che si accanisce contro chi ha già perso tutto. Un gesto che racconta un degrado non solo sociale, ma anche morale». Un episodio che getta un’ombra ancora più cupa su una vicenda che ha già sollevato interrogativi gravi sulla sicurezza nei cantieri e sulle condizioni di lavoro.
La tragedia del Rione Alto non è un caso isolato, la scorsa settimana nel giro di 48 ore ci sono stati altri due incidenti sul lavoro tra Napoli e la provincia con altri tre operai feriti, ma il sintomo di un problema più profondo.
In un settore come quello edilizio, troppo spesso affidato a subappalti e logiche di risparmio estremo, la sicurezza diventa un optional. E in mancanza di controlli severi e regole rispettate, a pagare sono sempre gli ultimi: i lavoratori, le loro famiglie, le comunità.
Napoli, ancora una volta, si trova a piangere vittime sul lavoro. Ma il tempo del lutto non può diventare quello dell’oblio. Le indagini dovranno chiarire ogni responsabilità, senza scorciatoie.
Ma serve anche un segnale forte da parte delle istituzioni: più controlli, più trasparenza, più formazione. Perché morire sul lavoro, nel 2025, è qualcosa che questo Paese non può più permettersi di considerare “un incidente”.
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La tragedia a Napoli è stata un evento molto triste e fa riflettere su le condizioni di lavoro. Serve una miglior sicurezza nei cantieri per evitare incidenti simili in futuro. Speriamo che le indagini portano a risultati chiari.