Nella foto la vittima Gennaro Ramondino e il luogo del ritrovamento del cadavere
Napoli – È finita la fuga del 17enne di Pianura, evaso lo scorso giugno dal carcere minorile di Bari e ritenuto responsabile dell’omicidio di Gennaro Ramondino, il 18enne ucciso a Pianura nel 2022.
Dopo due mesi e mezzo di latitanza, il baby killer è stato rintracciato e arrestato a Pontecagnano, in provincia di Salerno, dove viveva nascosto in una villetta presa in affitto da fiancheggiatori del posto.
I poliziotti della Squadra Mobile di Napoli, con il supporto dei colleghi di Salerno, hanno monitorato i suoi spostamenti per settimane, seguendo anche tracce lasciate sul web. Ieri pomeriggio è scattato il blitz: la villetta è stata circondata e il 17enne non ha potuto far altro che arrendersi.
Trasferito nuovamente in carcere minorile, dovrà scontare la condanna a 15 anni e 4 mesi di reclusione inflitta lo scorso febbraio dal tribunale di Napoli con rito immediato.
Durante le udienze, assistito dall’avvocata Antonella Regine, il ragazzo aveva ammesso le proprie responsabilità, raccontando di aver premuto il grilletto contro Ramondino. Aveva però sostenuto di essere stato manipolato da persone più grandi di lui, che lo avrebbero convinto a dimostrare “coraggio” per farsi accettare.
“Mi dicevano che ero sveglio e che potevo crescere con loro. Volevo sentirmi parte del gruppo e li ho accontentati. Solo dopo ho capito di essere stato plagiato”, aveva dichiarato in aula.
Il giudice Angela Draetta ha escluso l’aggravante mafiosa e assolto l’imputato dall’accusa di spaccio di droga, ma ha confermato la sua responsabilità per l’omicidio. Secondo la ricostruzione processuale, il ragazzo usò una pistola lasciata incustodita e sparò contro l’amico.
Durante l’interrogatorio, il 17enne raccontò anche di essersi rifiutato di bruciare il corpo della vittima, nonostante la richiesta ricevuta. “Dormivamo insieme, passavamo giornate e notti insieme – spiegò – non ce l’ho fatta a distruggerlo così. Eravamo amici”.
Dietro le sbarre, il giovane killer deve ora fare i conti non solo con la condanna, ma con il tormento di un delitto che lo perseguita. “Lo porterò con me per tutta la vita”, aveva confidato in udienza.
Una vicenda che aveva occupato le cronache di Napoli nei mesi scorsi, e al di là della brutalità del gesto, getta luce sulla pressione esercitata dai gruppi criminali sui più giovani, trasformando adolescenti in manovalanza armata e carnefici di coetanei.
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