Nella foto in alto il luogo dell'omicidio e la vittima Vincenzo Di Pede
Napoli -Le sentenze e gli arresti non sembrano aver scalfito la capacità di riorganizzazione del clan Mazzarella, senza dubbio il più potente e il più numeroso del centro città.
Da una attenta lettura delle oltre mille pagine dell’ordinanza cautelare, firmata il mese scorso dal gip Gianluigi Visco, con la quale sono fin iti in carcere 57 tra boss e affiliati della cosca emerge come il quartiere di San Giovanni a Teduccio sia diventato, ancora una volta, l’epicentro di una nuova faida, frutto di equilibri criminali sempre più fragili e mutevoli.
A fare da spartiacque, un evento del passato che continua a influenzare il presente: l’omicidio di Vincenzo Di Pede, il 26 agosto 2012.
L’omicidio di Vincenzo Di Pede, affiliato al clan Formicola, ha segnato la clamorosa e sanguinosa fine di una storica alleanza. Fino a quel momento, i Formicola e i potenti Mazzarella avevano combattuto fianco a fianco contro il clan Rinaldi e i loro alleati. Le indagini, confermate da diverse sentenze giudiziarie, hanno ricondotto l’omicidio di Di Pede a due esponenti dei Mazzarella, Raffaele Russo e Rosario Guadagnuolo, condannati per l’accaduto.
La sua morte ha rotto il patto di sangue tra le due organizzazioni, dando il via a una nuova fase di scontri e di equilibri rinegoziati.
La rottura ha generato un conflitto a più fronti. Da un lato, il clan Rinaldi-Reale continua a essere il principale antagonista. Dall’altro, la guerra interna ha visto la frammentazione del cartello criminale. Secondo recenti sentenze, tra il 2015 e il 2018, il clan Mazzarella si è suddiviso in tre gruppi principali, guidati rispettivamente da Salvatore Donadeo e Salvatore Fido, tutti sotto la direzione dei boss Francesco e Roberto Mazzarella.
Un altro gruppo, quello dei D’Amico, strettamente legato ai Mazzarella, ha consolidato la propria influenza, estendendo il controllo anche ai comuni limitrofi di San Giorgio a Cremano e Portici.
La giustizia, pur faticosamente, continua a tracciare i confini di questa guerra di potere. Sentenze recenti confermano l’operatività del clan D’Amico, condannando esponenti di spicco come Gennaro, Luigi e Salvatore D’Amico per associazione mafiosa ed estorsioni. Un ulteriore riscontro arriva dalla condanna di Umberto Luongo, che poi è diventato un dissociato, per l’omicidio di Luigi Mignano, il famoso “omicidio dello zainetto” a riprova della continua escalation di violenza.
Anche il cuore di Napoli, il quartiere di Forcella, non è immune da queste dinamiche. L’ultima ordinanza giudiziaria ha ricostruito l’operatività di un’articolazione del clan Mazzarella, guidata da Massimo Ferraiuolo e dalla moglie del boss Vincenzo Mazzarella, Antonietta Virentì.
Le recenti sentenze che hanno condannato figure di spicco come Michele e Ciro Mazzarella e Salvatore Barile, confermano il ruolo di dirigenti del cartello criminale, evidenziando come, nonostante tutto, l’organizzazione riesca a sopravvivere e a rigenerarsi. L’omicidio di Di Pede è stato solo l’inizio di una catena di eventi che continua a insanguinare le strade di Napoli, in un ciclo di violenza senza fine.
Il clan Mazzarella, inoltre, ha esteso la sua influenza anche al di fuori del centro, consolidando la sua presenza in comuni della provincia e del Vesuviano come Marigliano, Castello di Cisterna, San Giorgio a Cremano e Portici. La sentenza del 2009 del Tribunale di Nola aveva già accertato l’esistenza fino al 2005 del cartello Mazzarella/Sarno in questi territori, e la più recente sentenza del 2019 ha confermato l’operatività del clan con il gruppo riconducibile a Cristiano Piezzo.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono stati fondamentale in tutte le inchieste a carico del clan Mazzarella e dei loro affiliati. Le loro testimonianze hanno permesso di ricostruire con precisione dettagli e dinamiche, fornendo nomi di capi, mandanti e esecutori. La loro “scienza degli avvenimenti”, derivante dall’inserimento organico nei clan, ha contribuito a svelare la complessa struttura del clan Mazzarella e delle sue interazioni con altre organizzazioni criminali.Tra i più rilevanti:
Salvatore Esposito (o’ Cuzzecaro): Affiliato al clan Mazzarella (ramo Franco Mazzarella).
Giuseppe Persico: Reggente dell’articolazione Mazzarella di Piazza Mercato, ha iniziato a collaborare nel settembre 2013 dopo un grave attentato.
Francesco Giannino: Affiliato all’articolazione Mazzarella di Piazza Mercato, operava alle dipendenze di Persico e Criscuolo.
Lorenzo Aliberti: Affiliato al clan Mazzarella.
Michelangelo Mazza: Collaboratore proveniente dal clan Misso.
Francesco Capuozzo: Affiliato al clan Caldarelli.
Emiliano Zapata Misso, Giuseppe Misso, Salvatore Giuliano (o’ Russo), Michele Elia, Salvatore Puglia,Carmine Campanile, Gennaro Buonocore, Tommaso Schisa.
Luigi Giuliano: Ex boss del clan Giuliano.
Le loro testimonianze, considerate “specifiche, autonome, convergenti e di valenza assolutamente individualizzante”, hanno permesso di identificare capi zona, mandanti, autori e fiancheggiatori, delineando una “cartografia” criminale precisa e contribuendo a numerose sentenze di condanna.
Ora questa nuova inchiesta può segnare un passo importante nell’operazione di smantellamento della cosca nata nella zona del Mercato e che poi si è estesa nel corso degli ultimi 30 anni in gran parte del centro e di Napoli Est.
6.fine
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