Napoli – Sono tornati in libertà, ma con pesanti restrizioni, i vertici del clan Moccia di Afragola. I giudici della sezione feriale hanno disposto la scarcerazione di tutti gli imputati eccetto due, imponendo per loro il divieto di dimora nelle regioni Campania e Lazio, oltre all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.
A beneficiare del provvedimento sono Antonio, Luigi e Gennaro Moccia (figlio di Angelo), Pasquale Credentino, Francesco Favella, Antonio Nobile, Gennaro Rubiconti e Giovanni Esposito. Restano invece dietro le sbarre Angelo Moccia e Francesco Favella, entrambi già condannati in via definitiva.
La decisione dei giudici arriva a seguito dell’accoglimento integrale delle istanze avanzate dal collegio difensivo, composto dagli avvocati Saverio Senese, Gennaro Lepre, Annalisa Senese, Claudio Botti, Nicola Quatrano, Dario Carmine Procentese, Claudio Davino, Ernesta Siracusa e Salvatore Pettirossi.
Al centro della vicenda, una questione tecnica sui termini della custodia cautelare. La Procura aveva sostenuto che il conteggio andasse avviato dalla sentenza del dicembre 2022, con cui il Tribunale di Napoli Nord si era dichiarato territorialmente incompetente.
I difensori, però, hanno convinto il giudice che il termine decorresse invece dal 22 luglio 2022, data del decreto di giudizio immediato. Avendo superato il limite massimo dei tre anni previsto dalla legge, la scarcerazione è divenuta inevitabile.
Il processo riprende a settembre
Nonostante il colpo di scena, il processo va avanti: le udienze riprenderanno a settembre, davanti alla settima sezione penale del Tribunale di Napoli, competente per il procedimento.
Il processo ha preso le mosse da una maxi-operazione condotta nell’aprile 2022 da carabinieri e Guardia di finanza, che aveva portato all’arresto di oltre cinquanta persone. Le indagini avevano ricostruito l’organizzazione del clan Moccia, strutturato in livelli gerarchici e operante su ampie aree territoriali.
A capo del sodalizio, secondo gli inquirenti, i fratelli Angelo, Luigi e Antonio Moccia, insieme al cognato Filippo Iazzetta, marito di Teresa Moccia.
Tra gli affari illeciti del clan – secondo l’accusa – figurano il recupero di oli esausti e scarti alimentari, oltre a una fitta rete di interessi in grandi appalti pubblici, in particolare nel settore ferroviario e dell’alta velocità. Da queste attività sarebbe derivata un’ingente accumulazione di capitali, in parte reinvestiti in beni mobili, immobili e quote societarie.
Il valore dei beni sequestrati nell’ambito dell’inchiesta sfiora i 150 milioni di euro. Un vero e proprio tesoro della criminalità organizzata che si muove con logiche da impresa.
(Da sinistra nella foto: Luigi Moccia, Antonio Moccia, Gennaro Moccia (figlio di Angelo), Francesco Favella, Antonio Nobile)
Articolo pubblicato da Giuseppe Del Gaudio il giorno 2 Agosto 2025 - 07:26
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