Un’altra notte di fuoco sul Vesuvio, un’altra notte di paura. Un’altra notte infernale. Un’altra notte di distruzione. Chi aveva sperato e parlato della fine dell’emergenza è stato clamorosamente smentito dalle fiamme.
Intorno alla mezzanotte di ieri l’incendio alle pendici del Vesuvio ha ripreso vigore portando con se altra distruzione. E’ evidente a questo punto che qualcosa non sta funzionando dal punto di vista dei soccorsi e delle operazioni di spegnimento.
C’è chi rilascia dichiarazioni di facciata con la mente già al ferragosto senza pensare ai danni che si stanno creando all’ecosistema della provincia Sud di Napoli perché se si pensa al sole, al caldo e al mare poi bisognerà pensare agli altri disastri ambientali che arriveranno con le piogge.
I cittadini che abitano nei comuni a Sud di Napoli sanno guardare con i propri occhi quello che sta accadendo al di là delle dichiarazioni politiche e della narrazione , talvolta tossica, di di vuole per forza raccontare che la situazione è risolta o che è in via di risoluzione.
Purtroppo non è così. Come non è vero che l’incendio è iniziato da venerdì pomeriggio. Forse sarebbe più corretto dire che si è sviluppato in quella data mal e fiamme erano iniziate nel pomeriggio di martedì. E quindi per tre giorni nessuno è intervenuto. Non c’è stato alcun intervento aereo eppure qualche amministratore comunale che da giorni compare in televisione bastava che avesse alzato un po lo sguardo verso il monte per rendersi conto che vi era un incendio in atto.
Ora che il danno, anzi il disastro è fatto bisogna correre e cercare di evitarne altri peggiori. Poi sarà l’inchiesta della magistratura a stabilire i colpevoli e le responsabilità politiche e istituzionali di chiaè intervenuto in ritardo.
Dalla serata di ieri intanto sono arrivate anche dieci squadre Antincendio Boschivo della Protezione Civile del Lazio per un impegno complessivo di circa 60 persone con 8 mezzi pick-up e 2 botti, una da 40.000 lt e una da 5.000 lt.
Vesuvio in fiamme, Terzigno perde due gioielli della Campania: viticoltura e frutticoltura in ginocchio. Questa volta le fiamme stanno divorando il versante di Terzigno, trasformando in cenere ettari di terreno agricolo e colpendo al cuore due eccellenze della Campania: i vigneti del Lacryma Christi Dop e le coltivazioni di albicocca Pellecchiella.
«Un disastro enorme – denuncia Valentina Stinga, presidente di Coldiretti Napoli – perché il Parco nazionale del Vesuvio non è solo un simbolo naturalistico e un polo di attrazione turistica, ma anche un tesoro agricolo che produce specialità uniche, amate dai visitatori e orgogliosamente consumate dai napoletani».
A rischio la produzione del Lacryma Christi, delle pellecchielle e dei pomodorino del piennolo dop
Il momento non poteva essere peggiore. L’incendio è arrivato nel pieno della stagione che conduce alla vendemmia, mettendo a rischio la produzione del Lacryma Christi, vino che porta con sé secoli di storia e di tradizione.
Ma il fuoco non risparmia nemmeno i pendii dove maturano le dolcissime albicocche Pellecchiella, né le piante di Pomodorino del Piennolo Dop, appese come gioielli rossi ai balconi e cucine di tutta la regione.
Le fiamme, oltre a cancellare frutteti e vigneti, colpiscono anche l’indotto del turismo rurale: agriturismi, cantine, percorsi di degustazione che ogni anno attirano migliaia di visitatori italiani e stranieri. «Dopo l’incendio del 2017, che provocò danni enormi, ci ritroviamo di nuovo a fare i conti con un’emergenza devastante – ricorda Stinga –. Stavolta a pagare il prezzo sono le famiglie che vivono di agricoltura e turismo. Rialzarsi sarà difficile per tutti».
Il rogo sul Vesuvio non è solo un dramma ambientale: è una ferita economica e culturale, che rischia di impoverire per anni un territorio dove natura, storia e sapori unici si intrecciano in un patrimonio senza eguali.
Articolo pubblicato da Giuseppe Del Gaudio il giorno 11 Agosto 2025 - 07:39
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