Aggressione ai tifosi del Napoli a Parma durante festa
La sera del 23 maggio avrebbe dovuto essere solo una festa. Piazza Garibaldi, nel cuore di Parma, era diventata il ritrovo spontaneo di decine di tifosi napoletani, famiglie e bambini inclusi, pronti a celebrare la vittoria dello scudetto del Napoli. Ma il sogno azzurro si è trasformato in un incubo quando un gruppo di venti o trenta giovani, vestiti di nero e con il volto coperto, ha fatto irruzione armato di cinghie, bottiglie e bastoni, aggredendo i presenti e scandendo insulti razzisti come “Terrone di merda” e “Vai a festeggiare a casa tua”.
L’attacco, che ha seminato panico tra i presenti, è stato interrotto solo grazie al pronto intervento delle forze dell’ordine. Oggi, a distanza di settimane, arriva la risposta dello Stato: la Digos di Parma, in collaborazione con gli investigatori di Bologna, Cremona, Modena, Ravenna, Reggio Emilia e Rimini, ha eseguito 15 perquisizioni nei confronti di altrettanti giovani, tra cui un minorenne, tutti legati all’area ultrà dei “Boys Parma”.
I reati contestati sono pesanti: rissa, lesioni aggravate, tentata violenza privata aggravata e porto abusivo di oggetti atti ad offendere. La Polizia ha perquisito non solo le abitazioni degli indagati, ma anche i loro dispositivi informatici, alla ricerca di ulteriori elementi utili a ricostruire la dinamica dell’agguato e i ruoli individuali. Le indagini sono state avviate subito dopo i fatti, grazie alle testimonianze raccolte sul posto e alle immagini estratte dalle telecamere di sorveglianza comunali, oltre che da quelle di bar e negozi nelle strade limitrofe.
Con una nota, la Procura di Parma chiarisce il senso giuridico dell’inchiesta, sottolineando che “il reato di concorso in tentata violenza privata aggravata consiste appunto nel tentativo, da parte degli indagati, di impedire agli ‘avversari’ di manifestare in piazza”. Viene inoltre ribadito “l’impegno della Procura e delle forze di polizia nel contrasto a ogni forma di sopraffazione e nella riaffermazione del principio – fondamentale in uno Stato democratico – della libertà di manifestazione del pensiero, che non può essere conculcata da chi ritenga di essere legittimato a stabilire chi abbia (o meno) il diritto di manifestare, in ambito sociale, politico, ovvero – come nell’attuale circostanza – sportivo”.
L’indagine ha già portato all’avvio del procedimento per l’estensione del Daspo a tutti i soggetti coinvolti, due dei quali già destinatari della misura. Ma la partita non è finita: il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine continua per colpire duramente chi pensa di poter trasformare lo sport in pretesto per odio e violenza.
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