Nella foto Vincenzo Siano e Giuseppina Mennella
San Giorgio a Cremano -Era iniziato tutto con un prestito di soli 1.500 euro, una cifra che sembrava affrontabile.
Oggi, dopo cinque anni di soprusi, quel gesto di solidarietà si è trasformato in un incubo che ha rischiato di distruggere la vita di un 36enne operatore della Croce Rossa di San Giovanni a Teduccio.
La sua storia è l’emblema di come l’usura possa annientare una persona, pezzo dopo pezzo, fino a lasciarla senza più nulla.
I carabinieri della compagnia di Poggioreale, intervenuti dopo una sofferta chiamata al 112 da parte del padre della vittima, hanno ricostruito una vicenda che sembra uscita da un film dell’orrore.
Vincenzo Siano, 46enne di Portici già noto alle forze dell’ordine, e sua moglie Giuseppina Mennella, 42enne, avevano creato attorno alla vittima una ragnatela di debiti e minacce che si era progressivamente stretta attorno a lui come un cappio.
“Prima erano 60 euro, poi 100, poi siamo arrivati a 6.000” ha raccontato agli investigatori. Ma la vera tragedia è iniziata quando la vittima non è stata più in grado di pagare.
È a quel punto che i due presunti usurai hanno cominciato a pretendere sempre di più: prima i bancomat collegati ai conti dove arrivavano lo stipendio dell’uomo, la liquidazione della madre e la pensione del padre. Poi le chiavi di un appartamento di famiglia. Infine l’automobile.
La svolta è arrivata nella notte tra sabato e domenica, quando il padre della vittima, resosi conto dello stato di prostrazione in cui versava il figlio, ha deciso di chiamare i carabinieri. Gli uomini dell’Arma hanno ascoltato il racconto straziante di un uomo che per anni aveva subito minacce e vessazioni, al punto da consegnare tutto ciò che possedeva pur di placare l’ira dei suoi aguzzini.
L’intervento delle forze dell’ordine è stato rapido ed efficace. Nel giro di poche ore sono stati recuperati i soldi che una complice 28enne stava per consegnare agli usurai, sono stati bloccati Siano e la moglie mentre viaggiavano sull’auto sottratta alla vittima, e durante le perquisizioni sono emersi documenti agghiaccianti: carte di credito, bancomat e persino l’atto di proprietà di un immobile che, seppur formalmente intestato alla vittima, era di fatto nelle mani dei due arrestati.
Quello che colpisce di questa storia, oltre alla sua drammaticità, è il metodo sistematico utilizzato dai presunti usurai. Secondo gli investigatori,
Siano avrebbe inventato di sana pianta un “terzo creditore” inesistente, solo per giustificare nuovi prestiti e alimentare la spirale del debito. Una strategia calcolata che ha trasformato quel iniziale prestito di 1.500 euro in un mostro inestinguibile.
Ora che i due sono in carcere con l’accusa di estorsione aggravata, la vittima può finalmente riprendersi la sua vita. Ma la ferita di questi cinque anni di soprusi rimarrà a lungo. La sua storia però serve da monito: l’usura è un pericolo sempre in agguato, che spesso si presenta con il volto rassicurante di un aiuto economico, per poi trasformarsi in una trappola senza via d’uscita.
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