Nella foto il ristoratore tiktoker Luca Di Stefano e nel riquadro il boss Michele Orefice
Il boss Michele Orefice, 46 anni, ritenuto a capo dell’omonimo gruppo malavitoso legato componente il clan Pezzella, voleva uccidere il tiktoker Luigi Di Stefano, reo, a suo dire, di avere avuto una relazione con la sua ex amante.
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E per questo aveva dato incarico al figlio Luigi di 21 anni e al suoi fedelissimo Pietro D’Angelo, 23 anni di compiere la missione punitiva. Anche la donna doveva essere punita.
Ma stamane al boss e agli altri due è stata notificata un’ordinanza cautelare in carcere da parte degli agenti della Squadra Mobile di Napoli e da quelli del commissariato di Frattamaggiore per il tentato omicidio del ristoratore tiktoker di Sant’Antimo, titolare della risto pescheria “Il Sole di Notte”.
Le indagini hanno fatto emergere una cruciale conversazione intercettata il 15 maggio 2025 tra il boss Michele Orefice e la sua ex amante, nonostante la sua detenzione. Questo dialogo ha permesso agli inquirenti di consolidare le prove del coinvolgimento della famiglia Orefice sia nel pestaggio della donna che nel successivo raid armato contro il tiktoker.
La conversazione avvenne pochi giorni dopo che l’ormai ex amante di Michele Orefice era stata brutalmente picchiata da una donna, “ingaggiata” secondo la Procura, da Luigi Orefice.
Nel confronto, la donna chiedeva a Orefice di abbassare la voce per evitare pettegolezzi e di non essere associata all’immagine di chi “ruba mariti”. Orefice rispondeva che questo non era un suo problema e che era stato lui a volere la relazione. La donna si diceva molto delusa dal suo comportamento.
Orefice la interrompeva, chiedendole se stesse registrando, e lei negava, esprimendo sorpresa per tale sospetto. La donna ricordava a Orefice i due anni trascorsi insieme, dicendo di non avergli mai dato motivo per dubitare di lei. Orefice le chiedeva poi se fosse scappata in una Goldbet a chiamare la sua amica “quando è successo il casino quella mattina”, riferendosi chiaramente a quando l’aveva “fatta picchiare”.
Nella stessa giornata del 15 maggio 2025, un’ulteriore conversazione tra Orefice e la donna, sempre intercettata, ha rivelato, secondo gli inquirenti, il ruolo del boss nel ferimento di Luca Di Stefano. Orefice, con un tono sarcastico, chiedeva all’amante se fosse andata a “curare il suo fidanzato”, e lei rispondeva con indifferenza.
Orefice proseguiva chiedendole cosa avesse “capito con quella bocca”, minacciandola implicitamente di poterla far arrestare. La donna replicava che nessuno “si fiderebbe” di portarlo sulla coscienza e che se avesse avuto una coscienza come la sua, la situazione sarebbe stata diversa.
Tutto accade la sera del 13 maggio 2025 a Sant’Antimo: Pietro D’Angelo, col volto coperto, irrompe nel locale ordinando ai clienti di uscire. Punta la pistola verso la cucina e spara due colpi, ferendo Di Stefano alla mano.
La reazione del tiktoker è da film: afferra tavolini e li scaglia contro il killer, facendogli perdere l’equilibrio durante lo sparo. Il passaggio di un’auto della polizia a sirene spiegate fa fuggire il sicario.
“Ho pensato a un video-scherzo, poi ho visto la pistola”, ha raccontato poi Di Stefano, noto per i reel in cui cucina pesce con ironia.
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