Nella foto a sinistra Eduardo Buonerba, a destra Luciano Barattolo
Napoli – Non solo droga, estorsioni e controllo del territorio. Nell’universo criminale del clan Mazzarella c’era spazio anche per le truffe informatiche.
A rivelarlo sono le intercettazioni contenute nelle oltre mille pagine dell’ordinanza firmata dal gip Gianluigi Visco, che ha portato all’arresto di 25 tra boss e gregari del potente cartello criminale, grazie a un’articolata indagine della Squadra Mobile di Napoli coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia.
Tra le conversazioni captate dagli inquirenti, spicca un dialogo del 3 agosto 2023 tra Eduardo Buonerba, ritenuto affiliato al clan, e alcuni interlocutori. Al centro della discussione, la cosiddetta “truffa delle carte di credito”, attribuita a Raffaele Caldarelli, nipote dello stesso Buonerba.
I toni sono quelli di un clan alle prese con i dissidi interni causati da un affare andato storto, sfociato – secondo quanto emerge – anche in pestaggi di “ragazzi” coinvolti nel raggiro.
«Venne Lello (Caldarelli Raffaele, ndr) su da me… per il fatto dei soldi del nipote. Il fatto… delle carte di credito», dice Buonerba. Il danno economico generato dal raggiro aveva provocato ritorsioni e tensioni tra diverse figure della rete criminale.
Per cercare una soluzione, Caldarelli aveva proposto di “prendere i soldi da Lulù”, ovvero Vincenzo Caldarelli, altro soggetto legato al clan e attivo nel quartiere Case Nuove.
Il clima, però, resta teso. In un’altra conversazione dello stesso giorno, Buonerba discute con Salvatore Di Caprio della possibilità di mettere “una toppa” alla situazione. Una soluzione che avrebbe comunque comportato un costo per i membri coinvolti: «Si può mettere una toppa… ma ci costa a noi…», ammette Buonerba.
Il tentativo di mediazione passa anche attraverso figure note dell’ambiente criminale, come Antonio Bonavolta, detto “Ascensore”, che secondo Di Caprio si sarebbe “messo in mezzo” per risolvere la controversia. Un’intromissione che però complica ulteriormente le cose. Buonerba confida di aver dovuto persino spegnere il telefono per evitare ulteriori guai: «Mi ha creato un problema grosso… ho dovuto spegnere il telefonino».
La vicenda si chiude con un tentativo di chiarimento ai piani alti, letteralmente. «Andiamo direttamente al settimo piano», dice Di Caprio, riferendosi all’abitazione di Luciano Barattolo, storico esponente del clan, nel palazzo di via Miccoli, nella zona di Connonlo, luogo simbolo della leadership Mazzarella.
Questa vicenda, emersa nell’inchiesta che ha scoperchiato un sistema criminale radicato e ramificato, mostra come il clan Mazzarella abbia saputo aggiornare i propri strumenti di guadagno illecito, affiancando alle attività “tradizionali” anche quelle più moderne come le frodi digitali.
Una conferma di come la camorra si adatti al contesto, continuando a lucrare su ogni forma di debolezza: dalla povertà dei quartieri alle falle nei sistemi informatici.
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