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Chiara Francini presenta il suo romanzo “Le querce non fanno limoni”



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L’attrice, conduttrice televisiva, show woman ed autrice toscana Chiara Francini, nella suggestiva cornice della chiesa di Puntamare a Vico Equense, ha presentato al crepuscolo il suo nuovo romanzo per Rizzoli Editore, “Le querce non fanno limoni”.

Il testo è stato presentato nell’ambito di “Libri a tramonto” e tale evento letterario è stato organizzato dalla libreria Ubik della medesima città. L’hotel Mary ha sostenuto l’iniziativa in qualità di sponsor.

“Le querce non fanno limoni” è un romanzo a sfondo storico e dalla struttura corale, intimo e politico, che attraversa cinquant’anni di storia italiana – dalla Seconda guerra mondiale agli anni di piombo – intrecciando vicende personali e collettive, passioni e ferite, Resistenza e ricostruzione.


La protagonista è Delia, ex partigiana che affronta la guerra, l’amore, la perdita e il peso della memoria. Intorno a lei prende forma il Cantuccio, luogo concreto e simbolico, rifugio e presidio di umanità e di condivisione. Intorno la protagonista si muove un coro di personaggi vibranti – Irma, Mauro, Angela, Carlo, Sandro, Lettèria, Gigione e molti altri – le cui storie si intrecciano in una trama ricca di dialetti, cicatrici e sogni, tessuta come un arazzo di voci.

Ambientato tra Firenze e Campi Bisenzio, il romanzo dà corpo e testimonia in forma inedita la storia – le torture a Villa Triste, la Liberazione, la strage di piazza Fontana, le contraddizioni della sinistra extraparlamentare – ma la filtra attraverso il quotidiano, come le pentole sul fuoco, i silenzi che pesano più delle parole, i gesti che resistono al tempo.

La lingua è viva, mobile, catturante nella sua giostrata alternanza: alterna lirismo e parlato popolare, cantilena e concretezza. Uno scritto per la penna della Francini che è paragonabile ad un vetusto cofanetto che eredita fattori affettivi, politici ed ideologici degli anni su cui s’impernia la trama.

La missione è fare riaffiorare una memoria collettiva mediante narrazioni soggettivi. Il ricordo riaffiora, le coscienze si smuovono e si risvegliano. È un inno al coraggio di affrontare il passato per costruire un futuro, senza farsi travolgere, ma nemmeno dimenticare.

Proprio in virtù di ciò, la Francini articola gli elementi narrativi intorno dei luoghi che simboleggiano un richiamo delle radici, ponendo il focus sul concetto di verità storica ed umana, punto di partenza e fondamento essenziale per scrivere e per restituire dignità ai lettori, agli scrittori e a tutti coloro che hanno vissuto determinate situazioni storiche, sociali e politiche.

“La storia è contemporanea, ma guarda anche al futuro. È un libro che, proprio nell’attuale fase storica che stiamo vivendo, può essere letto con uno sguardo al presente e quindi al futuro”, ha motivato l’autrice.

Ha selezionato un titolo estremamente emblematico e simbolico, evocativo e metaforico. “È una frase che mi ha sempre ripetuto mia madre – ha spiegato così la sua scelta – può essere tanto dolce quanto devastante, come lo sono spesso le frasi delle madri. Può voler dire che non ci si discosta mai davvero dalle proprie radici, ma anche che non tutti nascono nel posto giusto per fiorire. Se nasci in un giardino di limoni, probabilmente crescerai storto… e molto probabilmente, potrai essere tagliato. E quindi, se vuoi restare lì, devi resistere”.

Particolarmente complessa e significativa è la Delia, introdotta con queste parole al pubblico: “Non ha fatto la Resistenza con le armi, non ha ucciso. ma ha resistito tutta la vita. Ha resistito al disincanto. Ha resistito all’abbandono. Ha resistito alla guerra, all’amore. E ha resistito, soprattutto, alla vergogna — che è il primo mantello che ci viene messo addosso per controllarci.

La vergogna è un’arma istituzionalizzata di manipolazione di massa. Serve a controllare gli esseri umani, e in particolare le donne. Perché, a differenza del senso di colpa, che riguarda ciò che si fa, la vergogna colpisce ciò che si è. La mia Delia non si è mai vergognata di esistere. La vergogna è un sentimento complesso: può essere distruttivo, ma anche un potente strumento di conoscenza.

Le donne conoscono la vergogna da subito, fin dal primo sguardo. I maschi invece non sono educati alla vergogna: sono educati alla vittoria, al successo. Quando provano vergogna, la rifiutano. La vomitano fuori, la scaricano sugli altri, spesso sulle donne. Quest’ultime sanno che il dolore si dimentica. Sanno che il dolore fa parte della vita. Lo sappiamo bene. Perché noi donne siamo abituate a sanguinare una volta al mese”.

Un libro ricco, concettoso, organizzato e diviso tra due età storiche e plurimi personaggi. Chiara Francini non ha lasciato nulla al caso ed ha attribuito la medesima importanza alla sfera emotiva e relazionale dei personaggi allo stesso modo di quella prettamente oggettiva e politica. Le dinamiche personali instaurate tra i personaggi, di fatto, riflettono fedelmente come uno specchio la concezione dell’autrice che ha riguardo il valore dei sentimenti dell’amore e dell’amicizia.

“Bisogna dire che il romanzo è anche pieno di grandi storie d’amore – ha precisato – Ce ne sono in particolare due. C’è una storia d’amore con questo corteggiatore che tutti noi vorremmo avere non per ciò che possiede, ma per ciò che è. C’è sempre un discorso di responsabilità, di etica. Perché poi, alla fine, tutti noi autori sbricioliamo ciò che siamo nei nostri libri. E io, ovviamente, gli uomini della mia vita – in particolare mio padre – hanno nutrito i grandi eroi che porto dentro. Hanno la sua integrità, la sua etica.

Il personaggio di Sandro è un personaggio sfaccettato e meraviglioso. Negli anni Settanta c’è un’altra grande storia d’amore, che ha per protagonista una ragazza di nome Irma. Irma è una ragazza esotica fisicamente, certo, ma anche interiormente, come spesso accade alle ragazze giovani.

Proviene da una famiglia borghese, e a un certo punto entra nel “cantuccio”, e riceve quello che tutti noi vorremmo ricevere: dice «Posso entrare? Non ho un altro posto dove andare», e tutti, senza neanche pensarci troppo, le dicono di sì. Quindi Irma entra nel “cantuccio” e stringe amicizia soprattutto con altre due ragazze giovani: Angela, questa ragazza dal profumo di lavanda, e Letteria, la ragazza siciliana. Penso da sempre che l’amicizia sia il sentimento d’amore supremo, perché è privo di implicazioni parentali.

Io non ti amo perché sei mio padre, mia madre, mio fratello, mia sorella. L’amicizia è il sentimento d’amore supremo perché è privo di implicazioni sessuali. Io non ti amo perché faccio l’amore con te: ti amo perché ti riconosco come fratello, come sorella. L’amicizia è amore per amore, è uno stare insieme senza dover chiedere nulla in cambio.

È ciò che vediamo nel percorso di queste tre ragazze: è come se si prendessero per mano. Irma non ha mai frequentato l’università, e quindi va, va finalmente all’università. Oggi i ragazzi si trovano e si osservano sui social, ma allora si cercavano nella politica, nella piazza. Non che fossero migliori, urlavano anche loro, ma c’era questa fame enorme di giustizia, questa necessità”.

Chiara Francini, nelle battute finali, ha salutato il suo pubblico con una frase paradigmatica ed indicativa delle finalità del suo scritto, ossia “una vita felice significa aver combattuto. “Io spero che questo libro evidenzi l’importanza di stimolare il proprio senso critico in ogni occasione – ed ha concluso – Le cose giuste, le cose vere, quasi mai sono facili da ottenere ma la lotta è intesa come consapevolezza e come liberazione”.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 5 Luglio 2025 - 08:50

2 Commenti

  1. L’articolo è interessante e offre molte informazioni sul libro di Chiara Francini. La trama sembra complessa e profonda, ma non sono sicuro se il tema della vergogna sia trattato in modo appropriato. La storia potrebbe risultare pesante.

  2. Non so se mi piace l’idea di mescolare storie d’amore con temi così seri come la guerra e la vergogna. Sembra un po’ forzato, però apprezzo gli sforzi dell’autrice nel cercare di toccare temi importanti.

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