Omicidio di onore e giustizia tardiva a Napoli
Napoli– Un omicidio da manuale della vecchia camorra: spietato, silenzioso, rituale. Un’esecuzione in pieno stile mafioso, avvenuta tra le cave di tufo di Chiaiano, lontano da occhi indiscreti, dove Salvatore Esposito, detto Totoriello, fu prima freddato a colpi di pistola, poi sciolto nell’acido bollente, in un bidone trasformato in forno chimico dai suoi stessi carnefici.
Oggi, a oltre dieci anni di distanza da quel “delitto d’onore” consumato il 27 settembre 2013, il giudice per le indagini preliminari di Napoli, Valentina Giovanniello, ha messo un punto fermo su uno dei cold case più cruenti della cronaca criminale partenopea: ergastolo per Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva, 8 anni per Raffaele Prota, accusati di aver partecipato al piano di morte orchestrato per ordine del clan Licciardi, potentissima famiglia della cosiddetta Alleanza di Secondigliano.
Secondo la ricostruzione dei Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Napoli, che nel maggio 2023 hanno arrestato i tre mandanti, il movente affonda nelle dinamiche più arcaiche del codice criminale: Esposito avrebbe avuto una relazione con la moglie di Giovanni Licciardi, figlio di Gennaro “la Scimmia”, uno dei fondatori storici del clan. Una colpa imperdonabile nel mondo dell’onore malavitoso, da lavare col sangue e con l’oblio dell’acido.
Il piano fu eseguito con freddezza: Totoriello venne attirato con una scusa, un presunto incontro con un affiliato detenuto, marito di Maria Licciardi (sorella di Gennaro, anche lei poi arrestata mentre tentava di fuggire in Spagna). Ma il percorso fu deviato e l’uomo consegnato ai suoi boia.
Dopo i colpi di pistola, il corpo venne posto in un bidone colmo di acido, portato all’ebollizione con un bruciatore artigianale, per cancellare ogni traccia.
A riaprire il caso fu una frase captata in un’intercettazione ambientale nell’ambito di un’altra indagine, un dettaglio sfuggito, che ha innescato un’indagine certosina e portato alla verità. Una verità fatta di codici arcaici, vendette familiari, e una ferocia che non conosce tempo.
L’omicidio di Esposito si iscrive nella lunga scia di sangue di una camorra che, anche nel silenzio, continua a usare l’acido come firma.
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