La notizia in breve
- Hulk Hogan, icona del wrestling e della cultura pop americana, è morto a 71 anni per un arresto cardiaco in Florida, lasciando un grande vuoto tra i fan.
- La sua vita è stata segnata da successi e controversie, inclusi scandali di doping, un legame con Donald Trump e una carriera in cinema e musica.
È morto a 71 anni per un arresto cardiaco Hulk Hogan, vera e propria icona della cultura pop americana e leggenda assoluta del wrestling. Il decesso è avvenuto in Florida, dove l’ex campione si era ritirato da anni, lasciando un vuoto tra milioni di fan cresciuti nel mito dell’uomo dai baffi biondi, dai muscoli scolpiti e dallo sguardo fiero.
Hogan, all’anagrafe Terry Gene Bollea, era nato ad Augusta, Georgia, da padre di origini italiane, Peter Bollea, muratore, e da madre scozzese e francese, Ruth Moody, insegnante di danza e casalinga.
A differenza di altri colleghi, non ha mai rivendicato pubblicamente le sue radici italiane: la sua immagine era tutta americana, un eroe a stelle e strisce, incarnazione vivente di un patriottismo da fumetto Marvel che nel tempo si è trasformato in un simbolo della destra conservatrice più identitaria.
Figura centrale della “golden age” del wrestling anni ’80 e ’90, Hogan è stato molto più di un atleta: è diventato un personaggio-simbolo, un’icona della TV via cavo e del consumismo pop, tra t-shirt strappate sul ring, grida da predicatore evangelico e una gestualità da eucaristia pagana.
Ogni sua entrata nell’arena era un rito, ogni “Brother!” pronunciato un richiamo a una fratellanza muscolare, virile, in stile anni ’80. Un corpo mediatico, che ha incarnato per anni il sogno americano nella sua versione più testosteronica e spettacolare.
Dietro la maschera però, si celava anche una tragedia silenziosa: Hogan non è mai riuscito a separarsi dal personaggio che aveva creato, diventando prigioniero della sua stessa leggenda. L’uomo era diventato mito, e l’America – quella più nostalgica e bisognosa di eroi semplici e invincibili – non gli ha mai permesso di essere altro.
Negli ultimi anni era tornato alla ribalta per il suo legame politico con Donald Trump: nel 2024 era salito sul palco della Convention Repubblicana in Florida per sostenere la candidatura dell’ex presidente, con un intervento tanto spettacolare quanto controverso. Un ultimo atto da showman, a metà tra wrestling e propaganda, che ha definitivamente cucito il suo nome a quello dell’America trumpiana.
Ma la sua parabola non è stata priva di ombre. Negli anni ’90 fu coinvolto nello scandalo del doping nel mondo del wrestling e ammise l’uso di steroidi anabolizzanti, macchiando la sua immagine da supereroe. Più tardi, un sex tape rubato e alcune frasi razziste emerse da vecchie registrazioni portarono alla sua espulsione dalla WWE, da cui fu riammesso solo nel 2018, dopo un lungo periodo di “purgatorio”.
Hogan ha avuto anche una carriera parallela nel cinema e nella musica: è apparso in “Rocky III” accanto a Sylvester Stallone, ed è stato protagonista di cult movie come Suburban Commando e Mr. Nanny. Ha persino inciso un album, “Hulk Rules” (1995), improbabile mix di hard rock e retorica motivazionale, perfettamente coerente con la sua figura larger than life. Fu anche star di un reality show, Hogan Knows Best, che portava i fan dentro la sua vita familiare.
Alla fine, Hulk Hogan è stato tutto e il contrario di tutto: eroe e controverso, icona pop e parodia vivente, campione indiscusso e uomo solo nel camerino. La notizia della sua morte ha colpito come un colpo di scena inaspettato: fulmineo, drammatico, definitivo. Proprio come i finali delle grandi leggende del wrestling.
Articolo pubblicato da A. Carlino il giorno 24 Luglio 2025 - 19:39

Collaboratore di lunga data di Cronache della Campania
Da sempre attento osservatore della società e degli eventi.
Segue la cronaca nera. Ha collaborato con diverse redazioni.