Napoli – Importante svolta processuale per il caso del piccolo Samuele Gargiulo, il bambino di 4 anni precipitato dal balcone di casa in via Foria il 17 settembre 2021.
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Nel nuovo processo d’appello, la terza sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha condannato Mariano Cannio, il factotum accusato dell’omicidio, a 12 anni di reclusione. La pena è di sei anni inferiore rispetto ai 18 anni inflitti in primo grado con rito abbreviato.
Esclusa l’aggravante della minorata difesa, concesse le attenuanti generiche
Nonostante l’accusa di omicidio volontario sia stata pienamente confermata, i giudici hanno escluso l’aggravante della minorata difesa della vittima. Inoltre, la Corte ha ritenuto di concedere all’imputato le attenuanti generiche, considerandole prevalenti sull’aggravante della minore età della vittima.
Questa “sforbiciata” di ben sei anni arriva dopo che già nel precedente processo d’appello a Cannio era stato riconosciuto il “vizio di mente”.
Il verdetto è stato accolto con moderata soddisfazione dai familiari della giovanissima vittima, assistiti dall’avvocato Domenico De Rosa. La madre del bimbo era presente in aula anche ieri, assistendo con composto dolore alla lettura del dispositivo della sentenza.
La confessione choc di Cannio e i dettagli dell’arresto
L’omicidio del piccolo Samuele sconvolse la città. Le indagini giunsero rapidamente a una svolta grazie alla confessione di Mariano Cannio. “A un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone… giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo”, furono le sue prime parole.
Cannio aveva poi tentato di fuggire, come raccontato da lui stesso: “Sono fuggito a casa e sono andato a mangiare una pizza al rione Sanità”. La polizia, sospettando che si fosse rifugiato nell’abitazione di una zia in via Duomo, utilizzò uno stratagemma per farsi aprire: dopo aver suonato ripetutamente senza risposta, lasciarono una bolletta della luce sotto la porta. Cannio la ritirò, e a quel punto gli agenti poterono fare irruzione e bloccarlo.
Durante le indagini, emerse che Cannio faceva saltuariamente le pulizie nella casa della famiglia di Samuele in via Foria e che aveva nascosto una diagnosi di schizofrenia, per la quale era in cura da tempo in un centro di igiene mentale. Nonostante questo quadro clinico complesso, in tutti i gradi di giudizio, Cannio è stato ritenuto capace di intendere e di volere.
Il nuovo verdetto d’appello chiude un capitolo doloroso per la famiglia Gargiulo e per l’intera comunità, sebbene il dolore per la perdita del piccolo Samuele resti immutato.
Articolo pubblicato il giorno 11 Giugno 2025 - 06:13