Napoli – “L’unica guerra è ai licenziamenti. Armiamoci di lavoro: 406 famiglie sotto assedio”. Con questo striscione, stamattina i lavoratori dello stabilimento Jabil di Marcianise hanno manifestato davanti al Consolato americano di Napoli, in una protesta carica di simbolismo.
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Un parallelo tra i conflitti globali e la battaglia quotidiana per il lavoro, l’unica vera “arma” per sopravvivere.I 406 dipendenti della multinazionale statunitense, specializzata nell’elettronica, sono da anni in lotta contro il rischio di licenziamenti.
Oggi hanno incrociato le braccia e raggiunto Napoli in pullman, chiedendo alle istituzioni USA e alla proprietà di Jabil di ascoltarli. Ma i precedenti non lasciano spazio all’ottimismo: altre proteste davanti al Consolato, in passato, non hanno portato a risultati concreti.
La crisi è entrata nella fase decisiva. Jabil ha avviato settimane fa la procedura di cessione unilaterale dello stabilimento di Marcianise alla TMA, nuova società formata da TME di Portico di Caserta e Invitalia (controllata dal Ministero dell’Economia).
L’operazione dovrebbe chiudersi a inizio luglio, mentre entro fine mese scadranno i quattro mesi concessi all’azienda per inviare le lettere di licenziamento.
La politica ci ha abbandonato
“Vogliamo far arrivare la nostra voce direttamente alla proprietà americana”, spiega Mauro Musella, delegato sindacale UILM, sottolineando l’assenza di sostegno da parte di Regione Campania e Ministero delle Imprese e Made in Italy. “I lavoratori non vogliono la cessione, ma nessuno li sta ascoltando”. Una delegazione è stata ricevuta da un addetto del Consolato, che ha accettato una lettera da inoltrare alla Jabil.
La protesta di oggi è un estremo tentativo di scongiurare il peggio. Se la trattativa non si sbloccherà, per i 406 operai si aprirà un futuro incerto. Intanto, lo striscione davanti al Consolato resta un monito: in questa guerra, l’unica arma che chiedono è il diritto al lavoro.
Articolo pubblicato il giorno 26 Giugno 2025 - 15:19