Napoli – La camorra o meglio il clan Fabbrocino voleva uccidere il poliziotto corrotto di San Giuseppe Vesuviano coinvolto nell’inchiesta della truffa dei flussi migratori.
E’ una delle pagine più inquietanti che emerge dall’inchiesta sul business dei flussi migratori che due settimane fa ha portato in carcere 46 persone tra cui tre noti avvocati di San Giuseppe Vesuviano, faccendieri ed esponenti del clan Fabbrocino.
L’inchiesta coinvolge anche un sovrintendente della Polizia di Stato in servizio al commissariato di san Giuseppe Vesuviano e che è sospettato di aver messo le proprie funzioni istituzionali al servizio del clan, ricevendo in cambio vantaggi personali. Un intricato caso di corruzione e collusione con la criminalità organizzata.
La decisione di uccidere il poliziotto da parte del clan Fabbrocino, intento poi non portato a compimento, emerge da una conversazione intercettata il 23 dicembre 2022, tra due colleghi del poliziotto che sono a conoscenza dei traffici illeciti dell’agente ma in nessun modo coinvolti.
I due discutono apertamente della “doppia vita” del collega, descrivendolo come uno che avrebbe “venduto la propria funzione istituzionale” per interessi personali. Durante il dialogo, i due fanno riferimento alla sua “carriera criminale parallela”, sottolineando come il suo prolungato periodo di assenza dal servizio stesse danneggiando i suoi affari illeciti.
Nella conversazione, emerge un quadro sconcertante: il poliziotto sarebbe stato a libro paga di un esponente di spicco del clan Fabbrocino, dal quale riceveva compensi settimanali, arrivando a incassare fino a 15.000 euro al mese. I due colleghi hanno riferito di un episodio in cui il camorrista, esasperato dalle continue pretese economiche, avrebbe persino minacciato di farlo eliminare da “gente di Napoli” in un agguato in campagna.
“Io mi faccio la galera e tu ti fai i soldi”, gli avrebbe detto il camorrista che avrebbe raccontato a uno dei due poliziotti intercettati che l’intento era di attirarlo in una trappola con la scusa di un incontro per consegnare del “tabacco”. Però, ad attenderlo ci sarebbero stati due camorristi di Napoli che gli avrebbero dato “tre, quattro botte” al posto dei soldi.
A quel punto l’agente venuto a conoscenze delle intenzioni del clan Fabbrocino avrebbe avvicinato il collega corrotto dicendogli in maniera lapidaria: “O fai la guardia o il camorrista, tutte e due le cose non le puoi fare più. Altrimenti ti fai la cartella”.
Le indagini della Dda di Napoli, su questo filone proseguono e promettono ulteriori sviluppi anche su scala più ampia, dato il legame ipotizzato con i flussi migratori e l’ambiente camorristico locale.
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