Pompei – In una serata carica di emozione e significato, il Festival Internazionale del Cinema di Pompei si è concluso con una celebrazione dell’arte come memoria e rinascita.
Nella cornice suggestiva del Teatro del Parco Archeologico, il protagonista è stato lo scultore Domenico Sepe, tra le voci più autorevoli della scultura contemporanea italiana.
Diretto da Enrico Vanzina e promosso con passione da Annarita Borelli, il festival – alla sua prima edizione – ha saputo fondere cinema, storia e identità in un dialogo vibrante con le vestigia millenarie della città sepolta dall’eruzione del 79 d.C. e oggi più viva che mai sul piano culturale.
Apice della serata conclusiva, la performance artistica di Sepe ha incantato il pubblico: ispirandosi al celebre Fauno danzante di epoca romana, l’artista ha modellato dal vivo una scultura evocativa, dando vita a un’opera che intreccia mito e materia, gesto e memoria. Una figura che emerge dal nulla come un’antica divinità, simbolo pagano di vitalità e desiderio, scolpita sotto gli occhi degli spettatori in una sorta di rito collettivo.
«La creazione è visione, non solo tecnica» ha spiegato Sepe, che ha trasformato il palco in un laboratorio dell’anima, dove l’arte diventa ponte tra l’antico e il contemporaneo. Il corpo umano, guidato dalla sua mano, si è fatto pietra, incarnando l’idea di un’umanità sospesa tra passato e presente, tra distruzione e speranza.
Accanto alla performance, Sepe ha anche firmato i premi consegnati durante la serata a protagonisti del cinema italiano come Marco Risi, Neri Parenti e Luca Ward. Due le opere simboliche: una scultura in effetto bronzo che raffigura il Fauno emergere dalla pietra lavica vesuviana e un bassorilievo che racconta, con eleganza poetica, la rigenerazione dell’uomo attraverso la forza dell’arte.
A condurre l’evento, l’attore Sergio Assisi, affiancato da numerose personalità del mondo dello spettacolo e della cultura. Ma è stata l’arte di Sepe a lasciare il segno più profondo, anche grazie all’esposizione di una grande opera scultorea inedita ispirata ai celebri calchi delle vittime dell’eruzione: volti e corpi che tornano alla vita con l’intento, nelle parole dell’autore, di “diventare simboli della rinascita di un’epoca meravigliosa e del parco che ne custodisce l’anima”.
A Pompei, ancora una volta, è l’arte a farsi voce della memoria. E quella voce, scolpita nel vento e nella pietra, continua a risuonare.
Articolo pubblicato il giorno 11 Giugno 2025 - 12:05