Nel dibattito contemporaneo sui linguaggi dell’intrattenimento, il rapporto tra videogiochi e fumetti non è più un semplice punto d’incontro: è una zona di osmosi narrativa dove i confini dei generi, dei media e dei formati vengono costantemente ridiscussi. Non si tratta soltanto di influenze reciproche o citazioni affettuose, ma di una convergenza strutturale che riplasma le modalità stesse con cui oggi vengono costruiti e fruiti i mondi immaginari.
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In attesa delle grandi rassegne nazionali dedicate al fumetto — da Lucca a Roma, passando per Bergamo — è sufficiente osservare la produzione attuale di videogiochi, sia mainstream che indipendente, per cogliere l’entità di questa contaminazione. I personaggi, le estetiche, perfino le logiche narrative tipiche del fumetto hanno trovato nel gaming una seconda casa, spesso più dinamica e accessibile. In parallelo, il fumetto si è aperto a una forma di lettura sempre più interattiva, raccogliendo suggestioni dal mondo videoludico e riarticolandole in chiave autoriale.
Il Giappone e la grammatica della reincarnazione narrativa
È nel contesto giapponese che questa intersezione mostra la sua forma più stratificata. I manga non sono soltanto fonte di ispirazione: sono strutture narrative pronte all’uso, architetture mitologiche capaci di trasmigrare da un medium all’altro senza perdere coerenza. Il caso di Dragon Ball è emblematico. Nato su carta nel 1984, è diventato nell’arco di quattro decenni un universo autosufficiente: anime, videogiochi, lungometraggi, merchandising. Ma ciò che sorprende non è tanto l’estensione del brand, quanto la sua tenuta simbolica, l’abilità con cui ogni trasposizione mantiene intatto lo spirito originario, pur adattandosi a tecnologie e pubblici differenti.
Anche nel segmento, spesso trascurato, del gambling online, le tracce di questa estetica si fanno sempre più visibili. Slot tematiche ispirate a mondi manga — da Hazakura Ways a Mochimon — non si limitano a decorare l’interfaccia: attingono a un codice visivo e immaginativo che il pubblico riconosce e decodifica con immediatezza. In questo senso, il Giappone continua a dettare una grammatica narrativa che riesce a unire l’arcaico e il futuribile, il rituale e il ludico, trovando nel videogioco una forma espressiva perfettamente compatibile.
Dall’industria alla mitologia pop: l’Occidente risponde
Se in Giappone la trasposizione tra media avviene secondo una logica di reincarnazione narrativa, in Occidente il fenomeno assume i contorni di un vero e proprio progetto industriale. L’universo Marvel, e più recentemente quello DC, hanno mostrato con chiarezza come fumetto, cinema e videogame possano essere orchestrati secondo una strategia editoriale capace di generare narrazioni sincronizzate su più piattaforme. Spider-Man, Iron Man, Batman: non più personaggi ma icone stratificate, che attraversano cicli narrativi differenti mantenendo una riconoscibilità solida e funzionale.
Questa trasversalità si manifesta anche nei titoli di gioco, dalle console alle piattaforme online, dove l’identità visiva dei supereroi viene ripensata per un’interazione che è insieme esperienza, racconto e intrattenimento. In particolare, le slot machine divertenti ispirate a questi universi narrativi non si limitano a riproporre volti noti, ma li integrano in meccaniche di gioco che valorizzano la dimensione simbolica del personaggio. La familiarità con l’eroe, in questi casi, non è un elemento accessorio, ma un dispositivo semiotico: chi gioca, lo fa portandosi dietro una conoscenza pregressa, un bagaglio narrativo che alimenta l’engagement in modo implicito.
Ciò che colpisce è che, pur in assenza di un linguaggio critico aggiornato, queste forme di convergenza non sono più marginali. Non si muovono ai confini della cultura alta o bassa, ma ne ridisegnano le coordinate.
Articolo pubblicato il giorno 26 Maggio 2025 - 13:30
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