Napoli – Una sentenza significativa è stata pronunciata dalla Quarta Sezione Penale della Corte d’Appello di Napoli, presieduta dal giudice Vargas, che ha riformato le condanne di primo e secondo grado per Luigi Puca e Giuseppe D’Aponte.
In un ribaltamento giudiziario, Puca, figlio del boss di Sant’Antimo, Pasquale Puca detto ‘o minorenne, è stato assolto “perché il fatto non sussiste”, mentre D’Aponte ha visto riqualificato il reato in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con una condanna a un anno di reclusione.
Entrambi gli imputati erano stati precedentemente condannati in primo grado a 5 anni e 8 mesi di reclusione, sentenza confermata anche in appello. La svolta è arrivata dopo l’annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, che aveva rilevato criticità nella valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa.
La Corte d’Appello ha ribadito le perplessità già espresse dalla Cassazione riguardo all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa. Nello specifico, la motivazione della sentenza di secondo grado è stata ritenuta carente rispetto alle dettagliate censure difensive presentate nell’interesse di Puca.
La difesa di Puca, rappresentata dall’avvocato Roberto Iacono, aveva evidenziato ripetute e gravi discrasie tra il racconto della persona offesa e i documenti attestanti le operazioni di dare e avere tra D’Aponte e il denunciante.
Inoltre, era stata contestata la portata delle dichiarazioni della persona offesa – unica fonte di prova a carico di Puca – alla luce dell’assenza di altri elementi probatori e del “sospetto silenzio” mantenuto dal denunciante riguardo ai rapporti di lunga data e di natura amichevole avuti con Puca fino al giugno 2019, periodo in cui erano già iniziate le richieste di D’Aponte per la restituzione delle somme di denaro.
La Corte ha ritenuto che neppure le argomentazioni relative alla presunta falsità dell’alibi di Puca (in merito a un incontro del 7 marzo 2020) o la compatibilità delle dichiarazioni sui precedenti incontri possano, da sole, sorreggere il giudizio di responsabilità. Tali elementi, infatti, non superano il dubbio preliminare sull’attendibilità del narrato della persona offesa, richiedendo una nuova valutazione.
L’accoglimento del motivo di ricorso ha comportato l’assorbimento di tutte le altre questioni, logicamente dipendenti dall’accertamento della responsabilità. Giuseppe D’Aponte è stato difeso dagli avvocati Giaccio Antimo e Sepe Marco.
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