L’idrogeno viene spesso definito il “combustibile del futuro” per il suo potenziale di energia pulita: non emette CO2 durante la combustione, producendo solo vapore acqueo, e potrebbe rivoluzionare settori come i trasporti, l’industria e la climatizzazione. Ma a che punto è la ricerca? Può davvero sostituire il petrolio, o sarà un alleato delle energie rinnovabili come il solare? E quali sono le sfide che l’Italia, un Paese all’avanguardia in questo campo, deve affrontare?
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La ricerca sull’idrogeno sta vivendo un momento di grande fermento, con investimenti globali che mirano a decarbonizzare settori difficili come le acciaierie e i trasporti pesanti. Un focus cruciale è lo sviluppo di catalizzatori più efficienti e a basso costo per la produzione di idrogeno verde, ovvero quello ottenuto tramite elettrolisi dell’acqua usando energia rinnovabile. Ad esempio, studi internazionali stanno lavorando su leghe di platino più stabili e performanti per le celle a combustibile, riducendo i costi di produzione.
In Italia, l’ENEA sta sperimentando elettrolizzatori ad alta temperatura, come quelli a ossidi solidi (SOEC), che consumano meno energia rispetto ai metodi tradizionali. Un altro filone di ricerca riguarda l’uso di materiali alternativi, come i catalizzatori a base di nichel o persino soluzioni biologiche, come la produzione di bioidrogeno tramite alghe. Tuttavia, la scalabilità di queste tecnologie resta una sfida: i processi richiedono condizioni controllate, e i costi di produzione dell’idrogeno verde sono ancora superiori rispetto a quelli dell’idrogeno grigio, derivato da fonti fossili.
Un problema significativo della filiera dell’idrogeno è la disponibilità di risorse, in particolare dell’acqua. L’elettrolisi, il metodo più pulito per produrre idrogeno, richiede grandi quantità di acqua: un’acciaieria che volesse passare interamente all’idrogeno verde necessiterebbe di milioni di litri d’acqua all’anno, una quantità insostenibile in aree con scarsità idrica. Inoltre, la produzione di idrogeno verde dipende da energia rinnovabile in eccesso, ma le infrastrutture per lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno sono ancora limitate. La necessità di serbatoi ad alta pressione e la difficoltà di trasportare l’idrogeno rispetto a fonti come il metano aggiungono ulteriori ostacoli.
L’idrogeno non sembra destinato a sostituire completamente il petrolio nel breve termine. Sebbene abbia un’alta densità energetica – 1 kg di idrogeno contiene l’energia di 2,8 kg di benzina – i costi di produzione e le difficoltà infrastrutturali lo rendono più adatto a settori “hard to abate”, come l’industria pesante e i trasporti marittimi, piuttosto che a un uso generalizzato. È più probabile che l’idrogeno affiancherà l’energia solare e altre rinnovabili: può immagazzinare l’energia in eccesso prodotta da pannelli solari o turbine eoliche, per poi essere utilizzato quando la domanda è alta, fungendo da “batteria chimica”. Progetti come quello di Green Independence a Brindisi, che integra pannelli solari con la produzione di idrogeno, dimostrano questa sinergia.
L’Italia è in prima linea nella ricerca sull’idrogeno, grazie a investimenti significativi e a realtà come Area Science Park a Trieste. Questo polo scientifico, che collabora con università e imprese, sta sviluppando tecnologie innovative per la produzione e l’uso dell’idrogeno verde, con progetti che integrano ricerca e applicazioni industriali. Area Science Park è coinvolta in iniziative come lo sviluppo di elettrolizzatori avanzati e la sperimentazione di celle a combustibile per la mobilità sostenibile, posizionando l’Italia come un hub strategico in Europa. Inoltre, il nostro Paese ha stanziato 3,64 miliardi di euro tramite il PNRR per creare una filiera nazionale, con 54 progetti finanziati, molti dei quali al Sud, come l’Hydrogen Valley di Brindisi.
Nonostante i progressi, l’idrogeno non è ancora una soluzione “facile”. La dipendenza dall’acqua, i costi elevati e la necessità di infrastrutture dedicate sono ostacoli che richiedono tempo e investimenti per essere superati. Tuttavia, l’impegno dell’Italia, con realtà come Area Science Park e aziende come Fincantieri – che sta costruendo la prima nave da crociera a idrogeno al mondo, la Viking Libra – dimostra che il potenziale c’è. L’idrogeno potrebbe non sostituire il petrolio, ma, in sinergia con il solare e altre rinnovabili, può diventare un pilastro della transizione energetica, contribuendo a un futuro più pulito e sostenibile.
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