Ha il passo silenzioso e antico di un ritorno leggendario, la foca monaca che da qualche settimana sta risalendo il Golfo di Napoli come un fantasma del Mediterraneo. Avvistata per la prima volta il 25 aprile nell’Area Marina Protetta di Punta Campanella, poi ancora a Capri il 1° e il 10 maggio e infine nel Regno di Nettuno, a Ischia, il 12 maggio, la foca è stata immortalata anche in un video mentre caccia una murena nelle acque ischitane: un momento potente, che ha commosso scienziati e cittadini.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e le due aree marine protette del Golfo di Napoli sono già al lavoro. Insieme, partecipano al progetto europeo Life Sea Net, coordinato da Legambiente, per la salvaguardia dei siti Natura2000: una rete di aree protette che ora torna a ospitare uno dei mammiferi marini più rari del pianeta.
I campioni di DNA ambientale sono già stati prelevati nei punti degli avvistamenti e l’appello delle istituzioni è chiaro: segnalate, ma non disturbate. Nessun inseguimento, niente avvicinamenti sotto i 50 metri, silenzio e rispetto per l’animale. Una presenza solitaria, quasi certamente sempre lo stesso esemplare, che si muove tra le coste della penisola sorrentina e le isole del golfo, offrendo alla ricerca un’occasione rara e preziosa.
Un secolo fa la sua estinzione sembrava certa. Ne scriveva Norman Douglas nel 1911, nella sua “Siren Land”, profetizzando la fine del “bove marino, mostro buono”. A Capri, l’anno dopo, una foca fu fotografata e uccisa sulla spiaggia, considerata l’ultima. Gli avvistamenti si diradarono fino a scomparire del tutto nel secondo dopoguerra, resistendo solo nella memoria orale dei pescatori più anziani. Fino al 2023, quando un primo video girato tra Capri e Punta Campanella ha riacceso la speranza.
Oggi quella speranza ha un volto reale, e chiede protezione. ISPRA, Punta Campanella e Regno di Nettuno si rivolgono a tutti — pescatori, sub, diportisti, residenti — per una vigilanza discreta, una cittadinanza attiva che scelga di stare dalla parte della natura. Anche tramite app, come quella del progetto Life Sea Net, si può contribuire a monitorare i movimenti della foca e offrire ai ricercatori dati cruciali per la sua tutela.
Una popolazione di meno di mille esemplari nel mondo, sterminata nei secoli scorsi dall’uomo e tornata oggi a nuotare, libera, nel cuore di un Mediterraneo ferito ma non ancora arreso. Se il mare l’ha accolta di nuovo, è nostro compito fare in modo che non se ne vada. Ancora una volta.
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