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Camorra, l’imprenditore Fontana perse il carico di 600 kg di cocaina destinata all’Australia



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Napoli- L’imprenditore Giovanni Fontana è stato condannato a 12 anni di reclusione per il suo ruolo chiave in un ambizioso tentativo di spedire un ingente quantitativo di cocaina in Australia, (poi andato perso) con la complicità dell’ex narcotrafficante internazionale Raffaele Imperiale, oggi collaboratore di giustizia.

Secondo le meticolose indagini coordinate dalla Procura antimafia di Napoli, Fontana avrebbe gestito la logistica per l’occultamento di ben 600 chilogrammi di cocaina all’interno di un carico di pietre di porfido destinate a Sydney. La droga, suddivisa in panetti, alcuni dei quali recanti un logo simile a quello di una nota marca di orologi svizzeri, era destinata a un contatto australiano identificato come “Mark”.

La cocaina era nascosto in un carico di pietre di porfido

Il piano prevedeva che Fontana, attraverso le sue ditte di trasporti, predisponesse due container contenenti quattro pedane di porfido, all’interno di un cubo cavo ricavato nelle pietre sarebbe stata nascosta la cocaina. Il carico, con una società di Castel Volturno (Caserta) come mittente apparente, avrebbe dovuto raggiungere l’Australia via nave, partendo dal porto di Napoli.


Per il suo ruolo cruciale nell’organizzazione, Fontana avrebbe dovuto ricevere un compenso di 600mila euro. Il suo compito consisteva nel prendere in carico l’ingente quantitativo di stupefacente, stoccarlo in un capannone nel Casertano (individuato dagli investigatori), predisporne l’occultamento nel porfido e custodire la droga fino alla consegna allo spedizioniere incaricato del trasporto dei container al porto di Napoli.

Tuttavia, l’ingente carico di cocaina fece perdere le proprie tracce durante il viaggio, con l’ipotesi più accreditata che sia andato smarrito proprio nel porto di approdo a Sydney.

L’imprenditore Fontana, in carcere dalla fine del 2022, era stato arrestato nell’ambito di un’operazione che aveva svelato un traffico di oltre 600 panetti di cocaina diretti in Australia, coinvolgendo figure di spicco del narcotraffico internazionale, tra cui il boss Raffaele Imperiale. L’inchiesta di caratura internazionale aveva messo in luce una vasta rete di spaccio con ramificazioni tra l’Italia e l’Australia.

Secondo l’accusa, tra il novembre 2020 e il gennaio 2021, un’organizzazione criminale ben strutturata avrebbe esportato l’ingente carico di cocaina, occultandolo nel porfido per eludere i controlli doganali.

Insieme a Imperiale, avrebbero coordinato il traffico Bruno Carbone e Daniele Ursini, ritenuti i vertici dell’organizzazione, capaci di impartire direttive e mantenere i contatti con l’intermediario australiano. Un ruolo operativo chiave sarebbe stato affidato a David Charles Mirone, che avrebbe diretto le operazioni di confezionamento e occultamento della droga con la collaborazione di Ciro Gallo, Luca Alvino e Giovanni Fontana.

Le comunicazioni tra i membri dell’organizzazione avvenivano attraverso canali criptati. Il traffico illecito è stato aggravato dalla notevole quantità di stupefacente e dalla sua natura transnazionale, coinvolgendo diverse giurisdizioni e richiedendo la collaborazione tra autorità internazionali.

Secondo le dichiarazioni di Raffaele Imperiale, Fontana, soprannominato “il cafone” nelle conversazioni intercettate e titolare della società Fgm, avrebbe dovuto ricevere 500mila euro per quel trasporto, poi fallito. Gli investigatori hanno stimato introiti illeciti tra i 6 e gli 8 milioni di euro in oltre dieci anni di presunti “trasporti” gestiti da Fontana.

Proprio le rivelazioni di Imperiale, confermate dal contenuto delle conversazioni criptate decodificate con l’autorizzazione delle procure francesi di Lille e Parigi, hanno inchiodato l’imprenditore. I

mperiale ha inoltre confermato il coinvolgimento di Fontana in altri due traffici di ingenti quantitativi di cocaina dal Brasile (circa sei tonnellate tra il 2008 e il 2010) e dall’Olanda (una decina di trasporti tra il 2017 e il 2021), rivelazioni già fornite agli inquirenti dal suo socio a Dubai, Bruno Carbone, e da Daniele Ursini, figura di riferimento del cartello sul territorio napoletano.

Nonostante la difesa di Fontana, che attraverso gli avvocati Giovanni Cantelli e Stellato aveva sollevato numerose eccezioni procedurali e richiesto l’escussione di molti testimoni, il tribunale ha ritenuto provata la sua colpevolezza nel tentativo di traffico internazionale di stupefacenti.

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 17 Maggio 2025 - 18:05

1 commento

  1. E’ davvero incredibile come si possono organizzare traffici di droga così complessi. Fontana sembra avere avuto un ruolo centrale, ma mi chiedo come possano sfuggire ai controlli doganali, forse ci sono falle nel sistema di sicurezza che andrebbero analizzate.

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