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Mezzo secolo di crimini, segreti e sangue: Antonio Mancini racconta i 50 anni della Banda della Magliana

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Mezzo secolo di crimini, segreti e sangue: Antonio Mancini racconta i 50 anni della Banda della Magliana


Roma– Tra le gelide mura del carcere di Regina Coeli, un incontro destinato a cambiare la storia criminale della Capitale. Nicolino Selis, detto ’Er Sardo’, originario della provincia di Nuoro, e Antonio Mancini, il futuro ’Accattone’, si trovano rinchiusi per tentato omicidio e furto.

È qui che Selis svela il suo piano: fare a Roma quello che Raffaele Cutolo aveva realizzato a Napoli con la Nuova Camorra Organizzata. Unire le bande per prendersi la città.

L’alleanza nel carcere

"Eravamo due ragazzi ribelli", racconta Mancini all’agenzia Dire. "Fuori aiutavo i carcerati, tra cui Selis. C’era una bella amicizia. Ogni settimana, qualcuno della sua famiglia veniva da me per soldi e cocaina. Lui non sniffava, ma in carcere avere droga ti garantisce alleati."

Quando Mancini viene arrestato per una rapina alla Montedison in Abruzzo e trasferito a Regina Coeli, Selis gli confida la sua idea: "Voleva riunire tutte le bande di Roma. Diceva: ‘Qui ognuno comanda, ma noi siamo quelli che assaltano i blindati, mentre altri fanno estorsioni. Dobbiamo preoccuparci di loro?’"

I nomi che contano

Selis chiede a Mancini di indicargli persone fidate.

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"Gliene feci tre o quattro, tra cui Edoardo Toscano", prosegue. Ma è un altro nome a emergere: Franco Giuseppucci, considerato da molti – anche grazie alla serie Romanzo Criminale – il vero ideatore della Banda. In realtà, la storia è più complessa.

La vendetta e il doppio gioco

Selis e Mancini subiscono un affronto da Franchino ’Er Criminale’. Quando quest’ultimo evade, viene appoggiato proprio da Giuseppucci. Ma tra i due nasce un’intesa: Giuseppucci mira al controllo delle scommesse ippiche, Selis cerca vendetta contro Nicolini. L’obiettivo comune li unisce, e Nicolini viene eliminato.

Poi, la scoperta: "Selis faceva il doppio gioco, era l’uomo di Cutolo a Roma", rivela Mancini.

La Banda senza capi

"Non c’erano gerarchie, tutti allo stesso livello", spiega. "Nessuno di noi ha mai fatto più di cinque anni. Solo io e Colafigli, perché ci beccarono con un morto."

Il nome "giornalistico"

E il nome Banda della Magliana? "È nato per caso", racconta Mancini. "Fulvio Lucioli, ‘Er Sorcio’, durante gli interrogatori disse ‘quelli della Magliana’. Ma in realtà eravamo ovunque, in ogni zona di Roma."

Oggi, a distanza di 50 anni, la leggenda della Banda resiste. Tra mito e realtà, una storia di potere, tradimenti e sangue che ha segnato un’epoca. E Roma non l’ha mai davvero dimenticata.

 

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 4 Aprile 2025 - 18:24 - Giuseppe Del Gaudio

Commenti (1)

Il articolo parla di cose molto interessanti su la storia della criminalità a Roma. Pero, credo che ci sono troppe confusione riguardo i nomi e le situazioni. E difficile seguire tutto. Dovrebbero spiegare meglio chi sono i personaggi.

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