Prosegue dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto dal giudice monocratico Davide Valenziano, il processo a carico di Maria Ristaldo, sessantenne di San Tammaro e titolare di una nota azienda zootecnica e bufalina, rinviata a giudizio per truffa aggravata ai danni di un caseificio sammaritano.
L’istruttoria dibattimentale si è arricchita, nel corso dell’ultima udienza, delle testimonianze degli ufficiali dei NAS, che hanno confermato le risultanze investigative dei colleghi sentiti precedentemente.
I militari hanno ricostruito nei dettagli sopralluoghi e accertamenti condotti presso l’azienda della Ristaldo, accusata di aver fornito latte vaccino spacciato per latte di bufala, violando il contratto con il caseificio destinatario, situato nel cuore di Santa Maria Capua Vetere.
Secondo quanto emerso in aula, la truffa sarebbe consistita nella vendita reiterata di prodotto non conforme, che il caseificio avrebbe impiegato per la produzione di mozzarella, ignaro della reale composizione.
Durante l’udienza, i Carabinieri hanno anche depositato fatture di vendita ritenute decisive per la ricostruzione del danno economico subito dal caseificio: un “ingiusto profitto”, come recita il capo d’imputazione, a favore della Ristaldo e corrispondente al valore commerciale del latte di qualità inferiore.
Nel procedimento si sono costituiti parte civile gli avvocati Gaetano e Raffaele Crisileo, mentre la difesa dell’imputata è affidata all’avv. Vincenzo D’Angelo. Per la prossima udienza è atteso l’interrogatorio di Maria Ristaldo, cui seguirà l’esame dei testi della difesa e dei consulenti tecnici.
Intanto, sullo sfondo di questo caso giudiziario, emerge un quadro ancora più allarmante. Nei giorni scorsi, infatti, le autorità hanno sequestrato migliaia di quintali di prodotto destinato alla trasformazione casearia in diverse aziende della provincia di Caserta. Il materiale, secondo gli inquirenti, sarebbe stato utilizzato da alcune delle aziende lattiero-casearie più note del territorio.
L’operazione, dal valore complessivo stimato in oltre 200 milioni di euro, ha messo in luce gravi violazioni delle normative italiane ed europee in materia di tracciabilità e utilizzo di latte concentrato, tra cui la mancanza del registro elettronico obbligatorio.
Un duro colpo per l’immagine del comparto agroalimentare casertano, da sempre fiore all’occhiello del Made in Italy, ora chiamato a fare i conti con le ombre di frodi e irregolarità.
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