Napoli. Un incubo senza fine. È questo ciò che hanno vissuto un padre e un figlio, vittime di un sequestro brutale orchestrato dal gruppo di camorristi del clan Contini legati al boss Nicola Rullo ‘o nfamone latitante da due mesi. L’odissea è iniziata con un rapimento fulmineo, seguito da ore di torture in un covo nascosto nel cuore della città.
Oggi la squadra mobile di Napoli ha arrestato altre cinque persone che fanno seguito agli altri arresti avvenuti il mese scorso. In manette sono finiti due uomini e tre donne gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di sequestro di persona a scopo di estorsione e lesioni personali, aggravati dal metodo mafioso,
I sequestratori, armati di spranghe e mazze, hanno sottoposto le loro vittime a un calvario di violenze inaudito. Colpi inferti con rabbia cieca, urla soffocate, la paura che si materializza in ogni ombra. Tutto questo per un debito, una somma di denaro pari a 360mila euro che avrebbe dovuto mettere fine a un incubo che si è trasformato in un inferno.
Il padre, testimone impotente delle sofferenze del figlio, è stato a sua volta trascinato in questo girone dantesco. Ha assistito alle torture, ha sentito le urla strazianti del figlio, ha provato sulla propria pelle la crudeltà dei suoi aguzzini.
Dopo ore di agonia, le vittime sono state liberate, scaricate come rifiuti davanti all’ospedale. Ferite, spaventate, ma vive. Un miracolo, dicono i medici, visti i segni lasciati dalle torture.
Nel dettaglio alcuni degli indagati avrebbero condotto suo figlio in un’abitazione nel quartiere Poggioreale e lì lo avrebbero picchiato violentemente, colpendolo anche con spranghe di ferro e mazze di legno. Successivamente, egli stesso sarebbe stato portato in quella casa, malmenato al cospetto del figlio agonizzante e minacciato di gravi ripercussioni nel caso in cui non avesse consegnato, entro poche ore, una ingente somma di denaro.
Gli approfondimenti investigativi condotti nell’immediatezza dei fatti, anche con l’ausilio di sistemi di videosorveglianza, hanno consentito di individuare il luogo in cui si sarebbe consumato il reato e di fare irruzione all’interno di un’abitazione nella quale la Polizia Scientifica ha rinvenuto tracce e segni chiaramente riconducibili al pestaggio.
Ulteriori indagini hanno consentito di ricostruire gli eventi in maniera chiara e di comprendere come la vittima, dopo essere stata segregata all’interno della predetta abitazione, sia stata trasportata presso un altro sito nella zona di Castel Volturno e lì tenuta rinchiusa per alcune ore, per poi essere scaricata di peso all’esterno del Pronto Soccorso dell’Ospedale Fatebenefratelli di Napoli, dove ha ricevuto le prime cure e dove le lesioni riportate sono state giudicate guaribili in 30 giorni
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