Le minacce dal carcere del baby boss Emanuele Marsicano: "Ti faccio saltare la casa in aria"
Dalle celle di Tolmezzo e Terni, il baby boss di Pianura, Emanuele Marsicano orchestrava un’escalation di violenza e intimidazioni a Napoli. Le intercettazioni hanno svelato un quadro inquietante del gruppo criminale che, anche dal carcere, continuava a dettare legge nel quartiere Pianura, costringendo commercianti e affiliati a versare “pizzo” e minacciando di morte i rivali.
Emanuele Marsicano, ritenuto il capo della famiglia Marsicano, non si è fatto scrupoli a lanciare minacce di morte da dietro le sbarre. In una conversazione intercettata, ha intimato a un “capo-piazza”: “Fagli mandare i soldi a casa mia… prega la Madonna che non esco da qui dentro… ti faccio saltare tutta la casa in aria”.
Un’escalation di violenza che ha portato all’omicidio di Antonio Gaetano, detto “Biscotto”, dopo un tentativo di agguato fallito. Marsicano, sempre dal carcere di Terni, aveva minacciato direttamente Gaetano: “Fai una cosa, fai l’imbasciata a biscotto, diglielo: ‘fujetenne'”.
Ad agire fu, secondo gli investigatori, Patrizio Cuffaro (oggi tra gli arrestati) insieme con un complice non indentificato: i sicari gli esplosero contro cinque colpi di pistola calibro 9 ferendolo gravemente alle gambe.
Gaetano troverà la morte il 23 marzo 2023 a causa di un successivo agguato scattato mentre mentre la vittima era in auto sul lungomare di Napoli la notte del 12 marzo 2023. Il decesso sopraggiunse una decina di giorni dopo nell’ospedale San Paolo. Il raid fu eseguito dai killer nei pressi degli chalet di Mergellina a poca distanza da cui, una settimana dopo, venne ucciso da un colpo di pistola al petto l’aspirante pizzaiolo 18enne Francesco Pio Maimone, vittima innocente della criminalità.
L’uso del cellulare per gestire gli affari illeciti del clan viene documentato in più occasioni dagli inquirenti nel corso di questa indagine. Le estorsioni venivano imposte ai negozianti, a chi gestiva le piazze di spaccio e anche a chi vendeva le sigarette di contrabbando.
L’inchiesta della Squadra Mobile e della Dda di Napoli ha portato alla luce un sistema criminale ben oliato, dove le estorsioni erano all’ordine del giorno. I boss imponevano pesanti somme di denaro ai commercianti, ai gestori delle piazze di spaccio e persino a chi vendeva sigarette di contrabbando.
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