È una “follia totale” Li zite ngalera, opera settecentesca di Leonardo Vinci, che prosegue il viaggio nel melodramma barocco italiano iniziato dalla Scala lo scorso anno con La Calisto di Francesco Cavalli.
Così la racconta Leo Moscato, che firma la regia dell’allestimento che debutterà al teatro milanese il 4 aprile. La prima cosa da dire è che Li zite ngalera è un’opera divertente, che sta “alle origini del dramma giocoso mozartiano” come ha sottolineato il direttore d’orchestra Andrea Marcon.
D’altronde “fra il Sei e il Settecento Napoli è una incubatrice di fenomeni musicali straordinari che influenza tutta Europa” ha ricordato alla presentazione il musicologo Raffaele Mellace.
La seconda cosa da rimarcare è che si tratta di opera napoletana non solo per la musica ma anche per la lingua del libretto, il napoletano appunto, scelto per raccontare la vicenda di Belluccia che travestita da maschio con il nome di Peppiniello (Chiara Amarù) cerca il fidanzato Col’Agnolo (Antonino Siragusa) che l’ha abbandonata da oltre dieci anni, in un tourbillon di equivochi, maschi che cantano parti femminili, femmine che cantano quelle maschili, uomini travestiti e viceversa, La differenza rispetto all’originale è l’ambientazione, non più un vicolo di Napoli ma la locanda di Meneca Vernillo “attempata e allupata” padrona di casa (interpretata da Alberto Allegrezza) nel cui ostello si incrociano tutti i personaggi, da suo figlio Titta (Filippo Mineccia) al padre di di Belluccia Federico, uno dei pochi personaggi che non parla in napoletano, interpretato, ironia della sorte, dall’unico cantante veramente di Napoli Filippo Morace.
L’ambientazione è quella d’epoca (Le zite sono del 1722) con una scenografia curata da Federica Parolini ispirata dai dipinti d’epoca, e i costumi ideati da Silvia Aymonino. La musica, poco rappresentata, è tutta da scoprire con l’ensemble scaligero che si dedica alla musica barocca che ha deciso di suonare a una frequenza di 415 herz, con corde di budello, e l’inserimento di una decina di musicisti della Cetra Barokorchester di Basilea per tiorbe, chitarre e oboi-flauti.
“Si crea nel pubblico la stessa curiosità di chi va al cinema a vedere un nuovo film. Che poi era il senso del teatro già all’epoca” ha osservato Marcon. Vedere per credere dal 4 al 21 aprile per cinque rappresentazioni, l’ultima delle quali sarà anche trasmessa in diretta su laScala.tv, la piattaforma streaming del teatro.
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