Ordinò con un pizzino l'omicidio di un imprenditore titolare di un'attività di pompe funebri, Giovanni Parente, che aveva osato opporsi al "monopolio" del clan dei Casalesi nel settore del "caro estinto".
Per questo motivo la Corte d'Appello di Napoli (prima sezione, presieduta da Alfonso Barnarano) ha condannato all'ergastolo il capo della cosca casertana Francesco Schiavone noto come "Sandokan", uno degli irriducibili del clan; anche oggi, collegato in videoconferenza dal carcere in cui è detenuto, Sandokan ha ascoltato il verdetto in silenzio, prendendosi l'ennesimo ergastolo della sua vita.
Non una parola, a differenza dell'alto capo del clan Michele Zagaria, che spesso interviene nei processi in cui è imputato. Con Sandokan è stato condannato all'ergastolo anche il cugino omonimo Francesco Schiavone detto "Cicciariello", che a differenza del primo da qualche anno si è dissociato dal clan senza mai avviare un percorso di collaborazione con la giustizia.
Nel corso del processo, Cicciariello ha ammesso la propria responsabilità in ordine all'omicidio.Potrebbe interessarti
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Il delitto - è emerso dal processo - fu commesso perché Parente aveva deciso di effettuare un funerale invece di lasciare il lavoro all'agenzia di cui era proprietaria Lucia Setola, suocera di Antonio Papa, affiliato al clan Mezzero, referente del clan Schiavone nei comuni casertani di Grazzanise e Santa Maria la Fossa.
Sandokan e il cugino decisero dunque di punire Parente per la presunta violazione dell'accordo che concedeva all'impresa riconducibile a Papa il monopolio dei funerali in zona.
Ad incastrare Sandokan fu un pizzino - mai rinvenuto ma di cui hanno riferito pentiti del clan ritenuti attendibili - inviato al cugino in cui rimarcò i problemi che stavano emergendo nel Basso Volturno, area controllata da Cicciariello, proprio relativi al settore delle agenzie funebri; per gli inquirenti la missiva era uno esplicito segnale ai suoi sottoposti affinché agissero eliminando Parente.






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