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Al Lido Varca d’Oro, The Funkin’ Machine

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Napoli camaleontica, Napoli d’artificio. O Napoli elettrizzata e pure Napoli incendiaria. Sarà così domenica 8 maggio, al tramonto, quando a pochi metri dal mare, sul palco del Livingston Sunset al Lido Varca d’Oro entrerà in scena The Funkin’ Machine.

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La macchina del supersonico suono funk afro soul jazz si impossessa per una sera dello stabilimento balneare del litorale di Varcaturo, diretto dal manager Salvatore Trinchillo.

Con la direzione artistica di Giulio Montella, per Michelemmà Rewind, il party open air del fine settimana abbraccia il linguaggio, lo spirito dionisiaco e l’alfabeto black music creato dalla band partenopea che negli ultimi anni ha fatto riemergere da Atlantide i colori, la verve e le dinamiche di matrice nera. Perché Napoli, si sa, nera lo è da sempre. E stavolta si reincarna addirittura nelle favolose atmosfere del format tv Soul Train.

Il progetto di Paolo Petrella, Roberto Porzio e Andrea de Fazio dedicato al recupero delle vere sonorità funk anni ’60-’70 – quelle espresse da Meters, Jb’s, Bootsy Collins, Parliament Funkadelic, Sly and the Family Stone – ha generato un ensemble miracoloso.

È impossibile non ballare quando sul palco ci sono loro a suonare. Questa stravagante all-star di musicisti appassionati di malizioso funk ha intenzione di far dimenticare che siamo in primavera e di scatenare d’incanto la torrida estate. Fisica, spudorata, esplicita.

Lo faranno con i cult del loro repertorio: da “Allerta meteo” a “L’ora d’ ‘o groove”, da “Pataturk Party” a “Rafiki”, fino a “Affittacamere funk” e “Prufessore” e “Django”, rivelando le intenzioni dell’etichetta casa-madre Periodica Records.

Al canto/tastiere, Andres Balbucea, a Lorenzo Campese (pianista di James Senese) toccano idem le tastiere, ad Alessio Pignorio le chitarre, a maneggiare il basso sarà Vincenzo Lamagna e sir Andrea De Fazio siederà alla batteria, con Paolo ‘Batà’ Bianconcini di rinforzo alle percussioni. Bisogna indovinare, infine, se sulla scacchiera apparirà anche il manifesto originario: “Herbievori”. Inequivocabile omaggio a sua maestà Herbie Hancock.


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